Ma all’Olimpiade si va per vincere o per partecipare?

E’ bastato un centesimo di secondo per riportare al centro dell’Olimpiade il celebre pensiero del barone Pierre de Coubertin, il fondatore dei Giochi moderni (prima edizione nel 1896 ad Atene), secondo il quale per gli atleti “l’importante non è vincere, ma partecipare”. Frase mai da lui inventata, ma presa da un discorso di un vescovo anglicano, e rimasta sportivamente appicciata al barone francese e tramandata ai posteri ignari.

Oltre un secolo dopo, ci ha pensato la nuotatrice italiana, Benedetta Pilato, a riportare in primo piano i baffoni del compiaciuto de Coubertin. La nostra nuotatrice, commentando senza trattenere il pianto il quarto posto che aveva appena ottenuto nei 100 rana -ossia l’esclusione dal podio per un attimo così fuggente, che è impossibile perfino afferrarlo-, ha detto “peccato, mi dispiace, ma le mie sono lacrime di gioia, ve lo giuro, è il giorno più bello della mia vita”.

Con questa reazione del pianto felice la ragazza ha preso di contropiede quegli sportivi che s’allenano per quattro anni con un unico e grandioso sogno: vincere l’Olimpiade della vita. Ma ha disorientato pure molti telespettatori, che a fronte delle lacrime che scivolavano in diretta sul viso segnato di Benedetta, erano pronti a commuoversi anche loro come atto di riconoscenza per il talento e l’impegno della nostra nuotatrice non premiati in modo tanto beffardo. Non premiati, stavolta, non già per colpa dell’incompetenza arbitrale -come accaduto in maniera scandalosa con altri Azzurri-, bensì per un maledettissimo centesimo di secondo, cioè il nulla fra la medaglia di bronzo e quella di legno.

A dare subito voce all’altra campana, quella degli atleti che alla partecipazione antepongono la vittoria, sono state due ex sportive, Elisa Di Francisca e Valentina Vezzali, entrambe della gloriosa scherma d’Italia.

La prima è stata durissima sulle gioiose lacrime di Benedetta: “Non ho capito niente, ci è o ci fa? E’ assurdo, surreale. Che ci è andata a fare? Rabbrividisco”. Ma si butta in piscina anche un’altra ex, la grandissima Federica Pellegrini, pro Benedetta: “Lasciamola che sogni ciò che vuole”.

Siccome l’essere o non essere della diatriba -vincere o partecipare?- è una questione seria e di principio, ma non c’è nulla di personale, la Di Francisca ha poi telefonato a Benedetta per scusarsi del tono e delle parole usate. Bel gesto tra campionesse. E poi come si fa a giudicare pochi secondi dopo la sconfitta subìta in gara -ah, i secondi…-, quel che Benedetta voleva in realtà esprimere, sfogandosi? Tu chiamale, se vuoi, emozioni.

Ma anche Valentina Vezzali (nove medaglie olimpiche, di cui sei d’oro), ha sottolineato che lei non ci sta a perdere “neanche a briscola”.

Forse alla resuscitata filosofia del de Coubertin si potrebbe contrapporre il non meno famoso monito rivoluzionario di chi, pur in altri campi e tempi, dal Sudamerica ammoniva: “Fino alla vittoria sempre!”.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova