Fra le molte e complicate urgenze all’orizzonte, l’Europa ha finalmente deciso qual è quella che merita il primo posto: l’ora legale. Non il fenomeno dell’immigrazione, che sta dividendo e preoccupando i cittadini. Non il lavoro, che frena o frana rispetto alle più rosee previsioni. Non la diversità dei sistemi fiscali fra gli Stati, che penalizza gli uni e avvantaggia gli altri, né il rapporto pirotecnico con Donald Trump, il presidente americano dalla visione commerciale, ambientale e militare sempre più distinta e distante dal Vecchio Continente, che sarebbe, in teoria, l’alleato storico e principale degli Stati Uniti.
Macché politica, macché economia, macché cultura per costruire un destino europeo degno della grande civiltà alle nostre radici: l’Europa preferisce cimentarsi col fuso orario. Al quale ha dedicato un sondaggio in Rete che ha coinvolto meno di cinque milioni di votanti. Un’inezia, se si pensa che l’Unione degli ancora 28 Paesi viaggia intorno ai cinquecento milioni di abitanti.
Ma il risultato della consultazione lanciata dall’esecutivo comunitario, e di cui nessuno, a parte gli eccitati promotori e l’1 per cento dei cittadini che si sono espressi, s’era fino a ieri accorto, viene presentata come una svolta dal presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. Il quale evoca un “caos lancette”, addirittura, interpretando, come al solito, un malessere che riguarda soprattutto o solamente i Paesi del Nord. Posto che dalle parti del Mediterraneo sono altre, notoriamente, le priorità, in confronto all’amletico quesito se tenerci le ore 17 quando in realtà sono le 16 soltanto d’estate oppure tutto l’anno. “Spostati dal sole”, diceva, del resto, Diogene di Sinope ad Alessandro Magno. Correva il quarto secolo a.C. Si vede che Juncker l’ha preso alla lettera: filosofare gli è dolce in questo mare di sapienza.
Eppure, l’”eureka” dell’Europa, la nuova scoperta che al tempo si può imporre il parametro, ovviamente, dell’ora spostata in avanti, non sarà uguale per tutti. Dopo aver speso notevoli energie e forse qualche soldino per chiedere agli europei se, per parafrasare il belcanto di Pavarotti, “vogliono vivere così, col sole in fronte”, la Commissione comunica che la rivoluzione è a libera scelta. Salvo improbabili unanimità, ogni nazione potrà adeguarsi o ignorare il nuovo corso. Straordinario: l’ora legale e l’ora solare, l’Europa indice il più ridicolo dei referendum, lo votano in quattro gratti e il suo esito è ininfluente.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi