La scelta degli Stati Uniti si trasforma in un referendum per il resto del mondo. Gerusalemme capitale d’Israele? Sono i numeri delle Nazioni Unite a dare la risposta al riconoscimento di Washington, che trasferirà la sua ambasciata da Tel Aviv al luogo sacro delle tre religioni monoteiste. Bocciano tale scelta 128 nazioni, fra le quali l’Italia. La sostengono 9 Paesi, e 35 si astengono. “Ricorderemo questo voto”, il duro commento di Nikki Haley, l’ambasciatrice Usa all’Onu, rivolto in particolare agli Stati che ricorrono ai fondi della prima potenza del pianeta. Il muro contro muro vede sconfitto Donald Trump, e di ampia misura. Anche se una nazione su quattro ha dimostrato di non essere ostile alla decisione statunitense: forse i moniti della vigilia –“prenderemo nota di chi vota contro di noi”, l’avvertimento dell’ambasciatrice Haley-, hanno lasciato il segno.
Eppure, il braccio di ferro dall’esito molto chiaro in realtà non lascia né vincitori né vinti sul campo di battaglia. Intanto, perché la risoluzione non ha alcun valore giuridico. “Questo voto finirà nel secchio della spazzatura della storia”, ha subito detto l’ambasciatore israeliano Danon. Nessuno, neppure l’Onu, può interferire sulla scelta libera e pacifica -per quanto inopportuna o controversa possa apparire- di uno Stato sovrano. A maggior ragione se tale scelta riguarda due nazioni democratiche, Stati Uniti ed Israele.
Non si vince e non si perde quando si affronta con l’accetta di un voto un tema complicato. E riacceso proprio dall’improvvisa e improvvida -ora anche secondo l’Onu- decisione di Trump.
Ma proprio il “no” dell’Italia testimonia l’impossibilità di risolvere i conflitti in Medio Oriente a colpi di risoluzioni o di schieramenti.
Con l’America abbiamo un rapporto indissolubile. Ma come gran parte degli europei, Roma obietta sulla scelta politica degli Usa, specie in questo momento di notevole tensione internazionale. Tuttavia, l’alleanza strategica con la grande nazione amica non si tocca.
Molto solida è pure l’intesa con Israele, che riconosce l’Italia come il Paese europeo più sensibile alle sue ragioni. Eppure, è altrettanto forte l’attenzione italiana, e di lunga data, verso il mondo arabo. Siamo al centro del Mediterraneo: dialogare con tutti è il nostro prioritario interesse nazionale. E poi il dialogo è sempre più forte dei muscoli presidenziali e delle sfide all’Onu su un simbolo: Gerusalemme.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi