Che si fa “per la difesa della Heimat”, cioè della patria. Con queste parole il governatore uscente della provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, ha spiegato la sorprendente norma approvata dalla sua giunta contro i nuovi nemici alle porte: quelle legioni di turisti romani, lombardi, campani, comunque di tutto il resto d’Italia, che avevano l’ardore di comprare, se se lo potevamo permettere, una seconda casa per le vacanze in Alto Adige. Secondo il puntiglioso e complesso provvedimento che è incredibilmente sfuggito all’esame del governo (perché, se invece il governo ha acconsentito, bisognerà fare un corso accelerato di Costituzione anche ai ministri della Repubblica), d’ora in avanti i non residenti a Bolzano e dintorni non avranno più il diritto ad acquistare nuove costruzioni fra quelle meravigliose valli e montagne. Senza eccezioni. Nel senso che tale facoltà sul nuovo sarà riservata “al cento per cento” soltanto a chi abita formalmente in Alto Adige.
Questa “limitazione” sul futuro, come viene pudicamente chiamato l’addio ai monti destinato ai connazionali del resto della Penisola, s’è reso necessario -dicono-, perché, causa troppe seconde case agli altri, cioè agli italiani e agli stranieri innamorati dell’Alto Adige, i ragazzi del posto non trovavano più appartamenti a loro disposizione o a prezzi accessibili. Dovevano, poverini, continuare a convivere con mamma e papà. Oppure trasferirsi -fatica!- al più vicino e spesso confinante Comune in soccorso. Perché l’altolà, oltretutto, non vale per tutti i 116 Municipi dell’autonoma Provincia. Vale per i Comuni “ad alta densità turistica”, cioè i posti più belli frequentati -ma certamente è solo un caso-, dagli italiani che amano, notoriamente, il bello. Dall’Alta Badia alla Val Pusteria, dalla Val Gardena al Meranese. C’è già l’elenco dei 25 Comuni e delle 26 frazioni dove la difesa della patria entrerà in vigore prima che sia troppo tardi. S’alzino gli scudi del divieto, allora, visto che l’allarme rosso, addirittura, sarebbe scattato per il rischio che il dieci per cento delle seconde case, territorio per territorio, sia già in mano ai “non residenti”, cioè a cittadini percepiti, con ogni evidenza, alla stregua di molesti invasori.
Ma che un italiano non possa acquistare una “nuova” seconda casa in Italia (perché di questo, gira e rigira, si tratta), e soltanto perché non ha la residenza in Alto Adige, non s’era ancora visto in una zona pur densa di stravaganze politiche. Dalla provocatoria richiesta del passaporto austriaco fatta dai partiti secessionisti e avallata, anzi, lanciata a suo tempo dalla Svp, al tentativo altrettanto ostile di abolire la secolare versione italiana dalla toponomastica bilingue italiano-tedesca.
Chiudersi e rinchiudersi fra le quattro mura di casa, anziché aprirsi all’universo: vivere, così, in un mondo alla rovescia. Ma costringere cittadini di altre parti d’Italia a cinque anni di residenza per gli alloggi convenzionati, com’è stata battezzata la novità, non equivale ad avere cura del suolo e del paesaggio, secondo quanto è stato spiegato.
Già adesso, infatti, la logica perversa della residenza obbligatoria è imposta per le elezioni provinciali del 21 ottobre: a chi non risiede da quattro anni ininterrotti, è precluso il diritto di voto. E da quarant’anni, ormai, regna il ferreo meccanismo della proporzionale etnica. Doveva essere un’eccezione a tempo per riequilibrare i rapporti fra gruppi linguistici nella pubblica amministrazione. Invece è diventata la misura di un privilegio assai poco “costituzionale”, tanto per cambiare, basato sull’identità di gruppo, anziché sul valore e sui bisogni delle persone.
Pubblicato su Il Messaggero di Roma