L’Olimpiade a Parigi e la lunga, provocatoria e mal organizzata cerimonia d’apertura

Gli applausi della vigilia, le polemiche del giorno dopo. Grandi aspettative il mondo riponeva nella cerimonia inaugurale della XXXIII Olimpiade a Parigi, che i francesi annunciavano come “la più grandiosa di sempre”, forse considerandola un prolungamento del loro non ancora superato complesso di “grandeur”.

Ma già quattro ore di celebrazioni e autocelebrazioni, per di più sotto il diluvio, non erano un buon viatico: neppure le parate sulla Piazza Rossa ai tempi della vecchia Urss duravano così tanto.

Se, dunque, l’obiettivo degli organizzatori era di mettere in primo piano e in mondovisione quasi 11.500 atleti provenienti da 205 Paesi, cioè i protagonisti dei Giochi per i quali un miliardo di persone è rimasto incollato alla tv, lo scopo è naufragato insieme con l’acqua dal cielo.

Se invece “il più grandioso spettacolo di sempre” intendeva dar vita ai più svariati scontri ideologici, ossia provocare per il gusto di provocare, quel piano è stato raggiunto “alla grande”.

Provoca sdegno, per cominciare, che il nostro Sergio Mattarella, e molti altri presidenti, siano rimasti per ore sotto la pioggia (ma a Parigi non si sa che piove o non s’usa consultare il meteo in anticipo?), protetti solo da un sottile impermeabile di plastica, mentre Monsieur le Président, Emmanuel Macron, era, lui sì, bene al riparo.

Provoca incredulità il discorso “istituzionale” d’apertura di Tony Estanguet, già grande atleta francese e presidente del comitato organizzatore che, nel dare il benvenuto, ha esaltato soprattutto i suoi, come se le delegazioni delle altre 204 nazioni passassero lì per caso.

Provoca stupore aver assistito alla rappresentazione di un gruppo di drag queen nei panni di Gesù e degli apostoli come parodia della “Ultima Cena”, il celeberrimo dipinto di Leonardo. Stupore tra i cattolici, che possono sentirsi offesi da una simile messa in scena, ma anche da chi non nutre alcun pregiudizio di fede né di genere: ma che c’entra questa raffigurazione con le Olimpiadi? Si voleva far ridere, irridere, lanciare messaggi? Ma perché, per comunicare, dileggiare una religione e il genio del Rinascimento? Battuta per battuta: allora dateci la Gioconda, se non vi piace più l’Ultima Cena in versione originale.

Davvero peccato. Perché queste e altre scelte molto discutibili hanno offuscato effetti speciali e creativi, come il galoppo del Cavaliere sulla Senna, i giochi di luce sulla Tour Eiffel, il percorso nelle fogne per chi, come noi, ama Jean Valjean e i suoi “Miserabili”. E poi la grandezza di Notre-Dame che risorge, l’imponenza del Louvre, le incantevoli melodie di Édith Piaff evocate. E il can-can, la lingua, la storia, la libertà, eguaglianza e fratellanza e tutto ciò che ci fa sentire francesi.

Luci splendenti fra le molte ombre della cerimonia. Perché l’Olimpiade è sport, che è lo spettacolo più bello e universale: bastava raccontarlo, e non in quattro ore.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova