E’ un addio senza rimpianti, perché dal 2016, anno di fondazione dell’Associazione Rousseau da parte di Gianroberto e Davide Casaleggio, padre e figlio, tutto il mondo a Cinque Stelle è cambiato.
Eppure, il divorzio della piattaforma che ha accompagnato le scelte del movimento all’insegna della partecipazione degli iscritti, fa rumore per le motivazioni date dalle parti in conflitto da mesi. Se la decisione “dolorosa ma inevitabile” discende dall’impossibilità di “condividere un progetto comune per rafforzare il legame tra Rousseau e Movimento”, come spiega l’Associazione mentre stacca la spina, la reazione degli abbandonati è impietosa. Per il M5S la democrazia diretta, ossia il principio pentastellato, non verrà meno dopo la rottura. Ma la volontà di Rousseau di fare politica attiva, è incompatibile con una “gestione neutrale degli strumenti”.
Non lacrime, ma il gelo fra le parti, l’una che accusa l’altra, fino a ieri il proprio braccio operativo e verdetto oracolare coi referendum via internet sulle questioni scottanti, di mancanza di neutralità.
Si sa, quando un matrimonio finisce male, con l’Associazione che ora reclama “debiti cumulati dal Movimento” per servizi erogati, ogni polemica vale. Ma qui lo strappo rimette in ballo l’idea stessa di come assicurare quella democrazia diretta che, prima in piazza e poi nella piazza telematica, era la ragione stessa dei grillini. Oggi in difficoltà anche con Grillo, dopo l’autogol con cui ha difeso suo figlio nel video.
Il consumato rapporto tra piattaforma e politica suggella non solo il disorientamento e le divisioni di chi è passato dal vaffa al potere, e con tutti gli alleati a turno di governo disponibili. Ma pure l’incognita di Giuseppe Conte leader annunciato. Se Rousseau richiama l’origine, l’ex presidente del Consiglio è l’enigma sul futuro. Ma tra Casaleggio e Conte neanche l’indebolito Grillo può fare da ponte.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi