Si dice sempre che i bambini ci guardano. Ma in quest’estate del dolore e dell’orrore, che continua a sconvolgerci fra terremoto e terrorismo -quasi che natura e uomo si fossero messi d’accordo per mostrare di quanto male siano capaci-, sta succedendo il contrario: siamo noi a guardare gli occhi dei bambini, e a restare senza parole. Lo sguardo fisso del piccolo Omran salvato pochi giorni fa dalle rovine di Aleppo. Quel bimbo ha commosso il mondo col suo corpicino immobile seduto su una sedia più grande di lui e il volto insanguinato, eppure inespressivo. Un’immagine così potente da suscitare persino dubbi (non sarà stata costruita apposta?), ma soprattutto indignazione contro la guerra che offende prima di tutto loro, gli inermi.
E poi gli altri bambini, quelli travolti dal camion omicida sul lungomare a Nizza con tutti gli orsacchiotti e i pupazzetti rimasti malinconicamente a terra a giocare da soli. Bambini vittime, dunque, ma anche usati, abusati, strumentalizzati, come il dodicenne che nel Kurdistan iracheno indossava la maglietta di Messi, il numero 10 del Barcellona, sotto la quale aveva una cintura esplosiva. Fermato giusto in tempo, il ragazzino, disarmato, strattonato e subito è arrivato il suo pianto liberatore, forse la riscoperta all’improvviso di quell’innocenza che i grandi avevano cercato di violare per sempre.
Ma adesso ci si mette anche il terremoto a sfidare brutalmente il destino dei più piccoli. La piccola Giorgia, appena 8 anni, estratta viva dalle macerie di Pescara del Tronto dopo diciassette ore di sofferenza, e i suoi occhi si possono solo immaginare. Ma la sorellina di due anni più grande che era stesa accanto a lei, non ce l’ha fatta. E sembrano pure loro vittime di guerra, “come se ci fosse stato un bombardamento”, ha detto la presidente della Camera, Boldrini. Per questo gli occhi dei piccoli sopravvissuti al sisma ricordano quelli dei bimbi scampati ai conflitti. Occhi che implorano aiuto, senza più lacrime, persi nel vuoto dopo essere rimasti troppo a lungo nel buio della notte. Quanti crolli dovremo ancora contare prima di poter ritrovare il sorriso di bambini che volevano semplicemente fare una bella vacanza dai nonni? Quanti neonati, gemellini, figli e figlie a volte graziati dalla sorte, a volte trovati troppo tardi o impossibile da soccorrere dovremo ancora piangere e rimpiangere?
Il segreto dei loro occhi è quel che resta di questi giorni terribili.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi