Chiedimi se sono felice. Ma non è un sondaggio e perciò possiamo crederci. Per la prima volta dopo cinque anni -rivela un’indagine dell’Istat-, gli italiani sono di nuovo soddisfatti della propria vita. Soprattutto i giovani, ed è la cosa più incoraggiante. Altissimo è il giudizio positivo degli interpellati sui buoni rapporti familiari (nove persone su dieci, addirittura), e anche questo vale molto: conferma la nostra capacità di condividere affetti, amori e amicizie come pochi altri popoli sulla Terra.
Che si tratti di una ricerca attendibile, fatta di belle luci e vecchie ombre, lo testimoniano anche le ragioni che, al contrario, più preoccupano i cittadini. A cominciare dalle condizioni economiche, che risultano meno appaganti di altri ambiti presi in considerazione come la professione, la salute e il tempo libero. E’ una fotografia a colori nell’epoca in bianco e nero della crisi perdurante, delle paure -anch’esse svelate- per la criminalità, per il traffico e lo smog, per la sporcizia nelle strade: tutte cose che i nostri occhi e sensi percepiscono da tempo e che contribuiscono a un’alta percentuale di diffidenza verso gli altri. Siamo, dunque, più felici di noi stessi e del nostro ambiente, ma ancora sul chi va là rispetto ai non pochi né piccoli problemi quotidiani.
Come in ogni ricerca, c’è una scala di intensità e di età registrate nelle risposte. C’è un “alto, medio o basso” grado di soddisfazione. Così come il picco di gioia emerge fra i ragazzi dai 14 e ai 19 anni, e tra adulti quarantenni e oltre sessantacinquenni. Ma quel che conta è l’orientamento di una popolazione che, nonostante le avversità, non si demoralizza. Trova in se stessa e nei propri cari, oltre che nel meraviglioso quanto maltrattato Paese in cui vive, quella fonte di individuale contentezza che dà speranza collettiva.
E’ la prova che l’auto-denigrazione, esercizio che gli italiani adorano, resta confinata al bar-sport. Quando devi raccontare all’Istat come consideri la tua vita reale, ecco la verità: è perfino bello vivere in Italia.
Questa radiografia andrebbe studiata dal ceto dirigente, perché mostra le potenzialità degli intraprendenti italiani che non temono di dirsi felici. Ma indica pure che fare per rendere tale condizione duratura nel tempo e non frutto di una stagione. Dalla primavera italiana ora la politica ha molto di che imparare.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi