L’Europa val bene un rapporto, specie se a firmarlo è Mario Draghi. Grande attesa per il lavoro di 400 pagine che sarà presentato oggi alla Commissione europea. Dalle prime e sintetiche anticipazioni della relazione, che è stata elaborata dal nostro ex presidente del Consiglio (2021-2022) e in precedenza alla guida della Bce per nove anni, su richiesta di Ursula von der Leyen, la riconfermata presidente della Commissione, non sfoglieremo un libro dei sogni. Tanto più che la legislatura europea è appena cominciata e il non-candidato Draghi non deve rendere conto a nessun elettore di quello che scrive. Può permettersi il lusso dell’impopolarità, pur di dire pane al pane.
Guardando ai macro-temi a cui si è dedicato, già si comprende che nulla è stato concesso alla retorica europeista o alla demagogia euroscettica.
Al contrario, la nuova Europa delineata dal nostro ex presidente del Consiglio è una requisitoria contro le debolezze e le impotenze dell’Unione europea e, allo stesso tempo, un progetto in concreto sul da farsi il prima possibile, perché il nostro continente non si riduca a una pura espressione geografica nel mondo che cambia a velocità supersonica e purtroppo all’ombra, fino a ieri inimmaginabile, della guerra e di nuove potenze che si affermano prepotenti.
Dunque, le aree su cui intervenire affinché l’Europa riacquisti il senso del proprio destino, rivelano tutte l’incapacità di stare al passo dei tempi.
Dal ritardo, anche tecnologico, nell’innovazione al troppo lento processo di digitalizzazione. Dall’assenza di manodopera specializzata al dovere dell’autonomia energetica e della comune difesa europea.
Non siamo più competitivi in questi e altri ambiti -denuncia Draghi- e perciò dobbiamo reagire in fretta con misure incisive, come l’introduzione di un principio di preferenza europeo per tutelare l’industria “made in Eu” (in alcuni settori, come la difesa, le nostre aziende dipendono per l’80% dall’estero; e tutta l’Ue investe un terzo degli Stati Uniti).
Una nuova visione della spesa pubblica, quindi, all’insegna del realismo. Un rapporto solido, ma da liberi e consapevoli con il mondo atlantico e occidentale, che è il nostro mondo.
E’ arrivata l’ora di riforme rapide e senza precedenti, perché attengono alla struttura stessa dell’Ue e ai valori e ai principi che ci animano.
Mario Draghi suona l’allarme rosso, proprio mentre la Commissione-Ursula s’accinge a completare i suoi componenti per partire. Partire in quarta, se il documento draghiano sarà considerato, come tutto lascia supporre, il vero programma dei cinque anni.
Al quale parteciperà anche il commissario italiano, Raffaele Fitto, con un ruolo esecutivo e un importante dicastero economico, secondo anticipazioni di stampa. Draghi e Fitto, due italiani destinati a contare nel momento in cui l’Ue discute della sua rifondazione.
A conferma di quanto sia ridicolo l’antieuropeismo, perché l’Europa siamo noi.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova