Ci sono memorie che non cessano di vivere al presente. Come quella delle foibe, in cui a partire dal 1943 furono scaraventati, vivi e morti, ventimila italiani per il solo fatto d’essere italiani, da parte dei partigiani jugoslavi di Tito. E poi l’esodo di oltre 350 mila connazionali da Fiume, Istria e Dalmazia che ne seguì. Da tempo questo drammatico capitolo di storia patria ha oltrepassato il “muro del silenzio, dell’oblio, dell’imbarazzo e dell’opportunismo politico”, come ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, celebrando il “Giorno del Ricordo”.
Ma il presidente non s’è limitato a denunciare la ferocia di quella pulizia etnica promossa dal dittatore comunista, contestando, inoltre, il tentativo di chi vorrebbe oggi minimizzare o addirittura negare quel massacro anti-italiano, “un affronto alle vittime e un danno inestimabile per la coscienza collettiva di un popolo e di una Nazione”. Mattarella ha anche indicato quale sia l’antidoto contro la barbarie già sperimentata sul confine orientale: la costruzione dell’Unione europea.
Un riferimento dalla doppia valenza, perché da quando l’Europa ha deciso di riunire sotto un unico tetto istituzionale 27 dei suoi Paesi, dopo secoli di guerre fratricide è sbocciato il più lungo periodo di pace nella storia dell’Occidente. E il conflitto scatenato da Putin contro l’Ucraina, cioè proprio alla frontiera del cuore geografico del continente, è la conferma di quanto l’Ue abbia contribuito all’idea che un altro mondo è possibile, e di quanto risulti purtroppo attuale il richiamo di Mattarella. Specie alla vigilia del secondo anno -il 24 febbraio- di guerra.
Una guerra ancora senza sbocchi, come testimoniano la decisione di Zelensky, il presidente ucraino che ha sostituito il comandante in capo delle Forze Armate (il generale Syrsky al posto di Zaluzhny) “per cambiare approccio e strategia” -ha spiegato-, e l’intervista di Putin a un giornalista statunitense, Tucker Carlson. Due ore per esporre il proprio e propagandistico punto di vista al pubblico americano, condito dal finale, per niente a sorpresa, che “la Russia è pronta a trattare con gli Usa sull’Ucraina”. Con l’assicurazione, bontà sua, che Mosca non intende estendere il conflitto ad altri Paesi come la Polonia e la Lettonia.
Da tempo, però, i leader europei non credono più alle parole di Putin. Al contrario, partendo dalla realtà dell’aggressione russa in violazione d’ogni diritto, l’Ue ha intensificato il proprio sostegno all’Ucraina. E diversi Paesi, a cominciare dalla Germania, iniziano a ipotizzare una Nato senza gli Stati Uniti, in vista dell’eventuale ritorno dell’isolazionista Trump alla Casa Bianca dopo le elezioni di novembre. Così come per ragioni difensive si pensa -Italia compresa- al potenziamento dei riservisti.
Gli europei sanno che la pace è una cosa troppo seria per non doverla salvaguardare sempre in ogni suo aspetto.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova