Non si sa se sia stata solo una gaffe, e molto grave, oppure una voce del sen fuggita: ancor più grave. Certo è che le affermazioni dell’ambasciatore cinese a Parigi, Lu Shaye, secondo il quale i Paesi dell’ex Unione sovietica “non sono sovrani”, oltre ad aver provocato un putiferio politico-diplomatico in Europa, costringendo le autorità di Pechino a chiarire che il loro rappresentante s’era espresso a titolo personale e che comunque non è quella la posizione della Cina, pone una questione ineludibile: il rapporto del nostro Continente con la nazione-Continente abitata da 1,4 miliardi di persone e dal prorompente, anche se molto contraddittorio sviluppo economico, commerciale e tecnologico.
Un Paese che ambisce a diventare ciò che è già: una potenza strategica e militare nel mondo. E che intende contare sempre più non soltanto nel suo pur immenso giardino di casa, l’Asia, ma ovunque vi sia un pertugio per poter investire e perciò comandare, dall’Africa all’America del Sud.
Lo sanno bene gli occidentali, che proprio alla Cina continuano a rivolgersi perorando la causa di una sua mediazione con Putin, così da indurlo a far cessare la guerra sciagurata contro l’Ucraina e i suoi drammatici effetti per la popolazione bombardata da più di un anno. Ma effetti molto negativi anche per gli europei, che stanno pagando il costo economico, il rischio geopolitico e l’intimidazione nucleare di quella violazione d’ogni diritto.
Nonostante i dubbi degli Usa, Pechino può fare molto. Ma vuole fare?
Le ambigue relazioni fra Xi Jinping e Putin incoraggiano il pessimismo, ossia che l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca sia vista da Pechino come il precedente per far fare la stessa fine a Taiwan, l’isola sul Pacifico altrettanto indipendente, come lo era l’Ucraina, che la Cina non vede l’ora di inglobare al proprio territorio. Ecco perché ogni riferimento cinese alla “sovranità” fa subito scattare l’allarme rosso del mondo libero.
Il grande enigma che oggi la Cina rappresenta impone una risposta unitaria dell’Ue. Che non può più trattare col gigante d’Asia in ordine sparso, ogni nazione puntando solo agli affari propri sulla via della seta.
Oggi la sfida non è scommettere sulla Cina, ma sull’Europa, che deve mostrarsi all’altezza del nuovo equilibrio mondiale che si sta creando. Anche con le dichiarazioni smentite sui Paesi che si sono liberati dall’Urss e coi lunghi silenzi sul Paese che non si è ancora liberato dalla Russia.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi