A Leicester, la città al centro dell’Inghilterra salita al centro del mondo da quando la sua squadra di calcio per la prima volta in 132 anni di storia ha vinto il campionato nazionale, non hanno ancora deciso se dedicargli una strada oppure una statua. Intanto, il nome che va per la maggiore tra i bambini che nascono è Claudio. E l’alimento più amato del luogo, la salsiccia, è stato ribattezzato “salsiccia Ranieri”. E i cori allo stadio lo invocano sempre sulle note indimenticabili di Modugno, “Nel blu dipinto di blu”. E il sindaco adesso evoca la forza del destino: la città fondata dai Romani, ricorda con orgoglio Peter Soulsby, oggi ritorna all’attenzione dell’universo proprio grazie a un romano.
Quanto grande è diventato il piccolo miracolo di Claudio Ranieri, l’allenatore del quartiere Testaccio di sessantaquattro anni portati con elegante umiltà che sta facendo sognare la Gran Bretagna e oltre. “Mamma mia!”, hanno titolato i compiaciuti giornali inglesi, dopo aver scoperto che Ranieri era volato in Italia dalla mamma novantaseienne, prima di godersi la vittoria più bella della sua vita e in parte anche della nostra. Nostra, nel senso di tutti quelli che si appassionano e persino commuovono a un pensiero meraviglioso: in quest’Europa così triste e miope, tutta intenta a immaginare muri e conflitti, è toccato a un italiano restio alle telecamere e che non si monta la testa dimostrare la bellezza delle frontiere aperte. Forte solamente del suo lavoro tanto bistrattato in patria (“l’eterno secondo”, lo chiamavano con ironia, come se essere secondi non fosse già dimostrazione di primeggiare), Ranieri ha rovesciato pronostici e pregiudizi. Ha dato fiducia a ciascuno dei suoi giocatori d’ogni lingua e nazionalità: la felice mescolanza. Un’allegra brigata che Ranieri ha trasformato in principi del pallone. Snobbati e pagati meno degli altri. Ma ora tutti li cercano, i ragazzi del Leicester. Come le favole diverse, ma suggestive del Crotone di oggi o del Verona di trentun anni fa.
Quale miglior ambasciatore di italianità di Ranieri, il nostro “King Claudio”, il loro “imperatore Claudio”. Un signore dalla vita semplice e lineare, sposato da quarant’anni con la stessa moglie. Un’esistenza come quella di tanti italiani che valgono perché sono bravi. Che vincono senza sgomitare: col sorriso sulle labbra. Che si fanno ben volere per la loro tenera e mai giovanilistica simpatia. Ranieri insegna: i sogni sono blu, come “Volare”. E non muoiono all’alba.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi