Una sola avvertenza: non è la trama di un film. La scena si svolge nel parcheggio di un centro commerciale alla periferia di Roma. E’ martedì sera e due uomini, forse col bavero dell’impermeabile rialzato, si scambiano documenti segretissimi e soldi.
Stando alle accuse, a consegnare la pennetta con un bottino di informazioni sui sistemi di telecomunicazione militare, anche della Nato, sarebbe un ufficiale della Marina, il capitano di fregata, Walter Biot. A riceverla in cambio, pare, di 5 mila euro distribuiti in piccole scatole, un ufficiale dell’esercito russo. Ma ad attenderli al varco c’erano i carabinieri del Ros, che da tempo tenevano sott’occhio il militare italiano in servizio allo Stato Maggiore della Difesa (ufficio Politica Militare).
E così l’incontro clandestino si trasforma in arresto in flagranza per l’italiano -con pesanti accuse di spionaggio politico e militare e di procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato- e nell’espulsione immediata del russo e di un suo superiore di stanza nel nostro Paese. Con la contestuale convocazione dell’ambasciatore, Sergey Razov, alla Farnesina per esprimere la “ferma protesta del governo italiano” per un comportamento che il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, poi definirà “atto ostile di estrema gravità”. Ed è subito crisi fra Italia e Russia, in attesa della preannunciata reazione di Mosca, “che sarà simmetrica”.
Ma non occorre aspettare come andrà a finire questo caso di spionaggio senza precedenti (almeno dal crollo dell’Urss e del muro di Berlino), per constare già adesso due cose. La prima è l’efficienza del nostro sistema investigativo e di sicurezza: il controspionaggio ha colpito nel segno. La seconda è che, anche in epoca di globale amicizia, fidarsi degli altri governi è bene, non fidarsi è meglio. Soprattutto quando essi rappresentano, come Russia o Cina, “sistemi politici e valori diversi dai nostri”, come ha sottolineato Di Maio, e dai quali “provengono anche sfide, talvolta minacce”.
Del resto, non è la prima volta che in diversi Paesi europei avviene ciò che in Italia non era ancora capitato, cioè la scoperta di un possibile spionaggio dei russi. Londra è diventata la capitale della “guerra delle spie”, e neppure stavolta di romanzi si tratta. La realtà supera sempre la fantasia degli scrittori e, a volte, anche l’ingenuità dei politici.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi