C’era una volta il principio della “non ingerenza negli affari interni di un altro Stato”, come si chiamava. Ma ben prima della globalizzazione e della rivoluzione digitale, grazie alle quali pigiando un tasto possiamo in pochi secondi mettere il naso dove vogliamo, e dire tutto e il contrario di tutto, la dissoluzione dell’Urss e poi l’ampliamento dell’Unione europea e infine l’universo cambiato alla velocità della luce hanno archiviato, di fatto, quel principio di indipendenza nazionale. Secondo il quale, a casa mia decidono i miei connazionali, non le grida altrui.
Già, ma se casa tua nel frattempo è diventata il mondo, se intanto un Paese addirittura ne invade un altro in spregio persino al diritto internazionale, come si fa a far valere ancora il principio della “non ingerenza”?
Perciò, all’ultimo ed esplosivo tweet contro i giudici italiani che hanno fermato la politica del governo italiano sugli immigrati in Albania (“devono andarsene”) da parte di Elon Musk, il geniale imprenditore supermiliardario e annunciato “grande cervello” nel governo di Donald Trump -dopo averlo sostenuto al voto-, si può reagire in due modi. Chiedendo a Giorgia Meloni che intervenga a tutela dell’onore dell’ordinamento giudiziario, cioè reagire alla vecchia maniera. Della serie: sarai pure uno straricco abituato solo ai “Signorsì”, ma l’Italia vale ben più dei tuoi soldi e non si fa intimidire neppure da un famoso e fumoso imprenditore americano-sudafricano-canadese che una ne fa e cento ne twitta.
Nell’Ottocento, Musk sarebbe già stato sfidato a duello. Magari al Colosseo, dove lui avrebbe voluto battersi contro Mark Zuckerberg, l’arcinemico immaginario.
C’è poi un altro modo di reagire: col sorriso. Provando a immaginare quale sarà il prossimo e diabolico tweet che il Nostro -che con quel social gioca come un bambino, anche perché ne è il proprietario-, vorrà dedicare all’Italia. Paese, peraltro, che ama (non solo per il suo recente e buon rapporto instaurato con la nostra presidente del Consiglio).
Della serie “provaci ancora, Elon”.
Per quanto possa essere discussa l’iniziativa dei magistrati, che nel caso dei migranti in Albania hanno interpretato la legge, anziché limitarsi ad applicarla -come accusa il governo-, non sarà il micro-messaggio del ricco e intelligentissimo pistolero di X, come Musk ha ribattezzato Twitter, a far cambiare le scelte dei magistrati.
Il Csm e le opposizioni l’hanno presa sul serio: “Parole pericolose”. Sul serio l’ha presa pure Matteo Salvini, che dà ragione a Musk, mentre gli alleati tendono a dire all’amico Elon che, pur ringraziandolo del cortese interessamento, sanno cavarsela da sé.
Ma per quanto l’uomo non sia un cittadino qualsiasi, bensì il padrone di mezzo mondo -e non è una metafora-, forse politici e magistrati potrebbero liquidare insieme la faccenda con l’inarrivabile Mina, e proprio cantando in coro a Musk: “Parole, parole, parole, sono soltanto parole”.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova