Se la rissa è la continuazione della campagna elettorale con altri mezzi, i parlamentari continuano a dirsele e, stavolta, anche a darsele.
Prima al Senato, dov’era in discussione il disegno di legge governativo per far eleggere il presidente del Consiglio dagli italiani, e poi alla Camera, dove si esaminava il testo, anch’esso dell’esecutivo, sull’autonomia differenziata, è successo di tutto.
A Montecitorio gli onorevoli hanno riservato il meglio del peggio, passando dalle parole ai pugni, preceduti dagli insulti e dallo sventolio, ma per protesta, di bandiere italiane.
Tra cori, esposizioni di cartelli, sospensioni ed espulsioni, le opposizioni di centrosinistra hanno bersagliato la controversa riforma voluta dalla Lega e condivisa dal centrodestra. Fino a quando il deputato Leonardo Donno (M5S), tentando di consegnare un Tricolore al ministro Roberto Calderoli, cioè all’autore della contestata autonomia, è stato circondato da suoi colleghi di centrodestra.
“Ho ricevuto calci e pugni allo sterno, sono crollato, faticavo a respirare, ho avuto paura e mi hanno dovuto fare sette o otto elettrocardiogrammi”, ha accusato Donno, che è stato portato via dalla zuffa e dalla Camera in sedia a rotelle. E ha indicato i nomi dei deputati di maggioranza, a cominciare dal leghista, Igor Iezzi, quali responsabili delle violenze. “Li denuncerò, è stato un attacco squadrista”.
Ma la Lega nega tale ricostruzione, sostenendo l’esatto contrario: è stato Donno ad aggredire il ministro Calderoli, “il parapiglia è stato innescato da lui”.
Come nel calcio -purtroppo nel doppio senso del termine-, sarà la moviola delle telecamere a stabilire la verità di fatti comunque vergognosi, per chi crede che il Parlamento della Repubblica non meriti di diventare una bassa succursale di pugilato.
Infuocata, ma almeno priva di violenza fisica, era stata pure la seduta a Palazzo Madama, con l’approvazione del principio dell’elezione diretta del capo del governo tra le contestazioni e l’abbandono dell’aula da parte delle opposizioni.
Ma nei due rami del Parlamento anche il ricordo di Silvio Berlusconi, fondatore di Forza Italia, federatore del centrodestra e quattro volte presidente del Consiglio, a un anno dalla scomparsa, ha registrato la dura polemica del Movimento cinquestelle, che si è dissociato dalla commemorazione al Senato e ha attaccato Berlusconi alla Camera. Con le opposte uscite dall’aula per protesta: via i senatori pentastellati di là e via i deputati del centrodestra di qua.
Intanto, proprio oggi si apre in Puglia il G7 presieduto per la settima volta dall’Italia. Ma le tossine e i veleni della vigilia, cioè ancora frutto della campagna elettorale non da tutti archiviatia continuano a circolare tra i partiti.
A prescindere dai grandi eventi che richiederebbero serena unità nazionale. Almeno per i tre giorni di un appuntamento così importante per il nostro Paese e per il mondo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova