Vendetta, tremenda vendetta, avevano giurato i seguaci dell’Isis dopo la strage del venerdì in Nuova Zelanda con 49 innocenti di fede musulmana uccisi a colpi di mitraglietta dall’australiano Brenton Tarrant, l’invasato arrestato per l’orrendo crimine. “Il linguaggio del sangue”, hanno promesso i terroristi islamisti, incitando anche ad attaccare le chiese per rispondere, a modo loro, al delitto nelle due moschee di Christchurch. E dalla Siria arriva l’annuncio che nessuno avrebbe voluto ascoltare: “Abbiamo ucciso un crociato italiano”.
L’agghiacciante riferimento dell’Isis è a Lorenzo Orsetti, un fiorentino di 33 anni che combatteva, da volontario, con i curdi a Baghuz, l’ultima roccaforte dei fondamentalisti nella parte orientale del Paese.
Affranto, il padre racconta che Lorenzo è morto “insieme a tutti quelli del suo gruppo in un contrattacco di Daesh. Siamo orgogliosi di lui”. Quest’italiano ucciso, che nella vita era un semplice e ben voluto cameriere e cuoco, uno dei non pochi connazionali ed europei che hanno scelto di rischiare la vita lontani da casa per difendere la libertà e la dignità altrui, ha lasciato un testamento struggente: “Se state leggendo questo messaggio, significa che non sono più in questo mondo. Me ne sono andato con il sorriso sulle labbra”.
Quanto suonano diverse, nell’ora più drammatica, le parole del giovane italiano rispetto alle macabre minacce dell’Isis. Minacce che però impongono il dovere istituzionale di non credere che il terrorismo jihadista, pur colpito, sia sconfitto: incombe sempre.
Proprio in queste ore la polizia olandese sta accertando se anche gli spari che ieri hanno preso di mira un tram a Utrecht (tre morti, cinque feriti), e l’arresto del sospettato autore, Gokmen Tanis, un trentasettenne di origine turche, siano frutto di folli ragioni personali o abbiano un movente terroristico. E poi s’indaga: uno o più assalitori?
Non per caso il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, rivela che a maggio Roma ospiterà una conferenza internazionale fra le intelligence europee più impegnate sul tema. Ma l’iniziativa arriverà dopo altri e ambigui annunci, come quello del possibile disimpegno degli Stati Uniti dall’Afghanistan e forse anche da altre aree infestate dalla violenza nel mondo. Ecco perché l’Italia e l’Europa sono chiamate a elaborare un’unica e condivisa strategia di prevenzione e di difesa dal terrorismo che cova sotto la cenere.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi