Un autobus che martedì sera precipita da un cavalcavia a Mestre e si schianta vicino ai binari di una ferrovia non è solo una tragedia, familiare e nazionale, per i 21 morti e 15 feriti, di cui 8 gravi, che ha provocato. E’ anche un dramma imprevisto e imprevedibile (“mai visto qualcosa del genere”, concordano testimoni e soccorritori), che impone due momenti diversi e non sovrapponibili di riflessione.
Impone il tempo del dolore, che stiamo vivendo e che vivono soprattutto i parenti, gli amici e i conoscenti degli innocenti, fra i quali due bambini, morti non per effetto di una catastrofe quale una guerra, un terremoto o una carestia, ma perché viaggiavano come turisti -quasi tutti stranieri- seduti e tranquilli in un mezzo, tra l’altro, nuovo e moderno, con l’intento spensierato di visitare i luoghi incantevoli della nostra Italia. E il dolore in queste ore dev’essere consolato e rispettato, cioè il contrario delle polemiche che si sono invece scatenate sull’onda delle intempestive considerazioni del ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini.
Secondo il quale non sarebbero stati i vecchi guardrail a “concausare” o agevolare il terribile incidente, bensì l’alimentazione elettrica del bus che avrebbe concorso al fatale incendio in modo più rapido di veicoli alimentati con altri sistemi. Anche se Salvini ha detto che è presto “per fare commenti” e che la sua voleva essere solo una “riflessione”, ecco che queste parole a poche ore dal disastro gli fanno guadagnare l’accusa di strumentalizzare la tragedia dai suoi avversari politici. Eppure, dovrebbe essere il tempo del tacere per tutti.
Anche perché arriverà comunque il secondo momento, quello della verità. La Procura di Venezia ha già aperto un’inchiesta con l’ipotesi di omicidio stradale plurimo. Malore dell’esperto autista? Guardrail degli anni Cinquanta non in grado di resistere a protezione del traffico di oggi, tant’è che doveva essere cambiato? Un guasto, una manovra azzardata?
Molti gli interrogativi senza risposta. Per accertare le cause i magistrati dovranno ascoltare testimonianze ed esaminare video e scatola nera.
Il dovere di capire il perché di una simile strage. Un dovere che non può tollerare -se mai emergessero- eventuali scaricabarili di responsabilità. Qui è successo qualcosa che non doveva e non poteva succedere.
Dopo i giorni del lutto e del pianto, arrivino i giorni della verità.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi