Se il mondo s’inchina di fronte alla morte di Elisabetta II, vuol dire che anche i suoi pur numerosi e importanti primati, a cominciare dai 15 primi ministri che ha battezzato a Londra e dall’esercito di potenti della Terra che ha incontrato, non sono la ragione principale dell’omaggio.
In realtà, la Regina di 96 anni, dei quali 70 sul trono del Regno Unito, ha mosso il sentimento universale perché fa parte della nostra Storia in cammino. Ne riconosciamo il valore da contemporanei, ne conosciamo la vita vissuta nei vari castelli e tenute assieme all’amato principe Filippo, scomparso l’anno scorso, così come la passione molto comune per cani e cavalli, oltre al vezzo dei tanti cappelli colorati. Regina a cui non si poteva dare la mano, ma anche una di noi.
Elizabeth è entrata nelle nostre case per il passato imperiale che fu, per l’impegno istituzionale e internazionale del suo Paese europeo, ma non troppo, per gli amori, gli intrighi e le nozze da favola della Real Casa. Favola diventata tragedia nel caso di lady Diana, triste vicenda che la sovrana e mamma di Carlo ormai III, cioè l’erede, non colse subito nella sua portata planetaria e popolare: anche le regine sbagliano.
Ma dal primo discorso solenne per il Commonwealth pronunciato nel 1947 ad appena 21 anni per volontà del padre, Re Giorgio VI, (“io dichiaro che tutta la mia vita, sia essa lunga o breve, sarà dedicata al servizio della nostra grande famiglia imperiale a cui apparteniamo”), all’ultima investitura di Liz Truss nominata premier tre giorni fa, Elisabetta ha incarnato il senso di una monarchia capace di cambiare nella tradizione. Una continuità che l’ha resa familiare in patria e rispettata all’estero. Un monumento nazionale che dava orgoglio ai suoi compatrioti e mobilitava i turisti d’ogni continente attratti da Buckingham Palace e dalla Corona. L’ultima grande, in fondo, in un mondo che, col passare degli anni e dei governi, fatica a trovare personalità per affrontare eventi imprevedibili e drammatici come la pandemia, la guerra, la crisi energetica.
Ma dall’epoca di Stalin a quella di Putin, dalla fine dell’impero britannico al crollo dell’Urss, dal Churchill vittorioso in guerra e sconfitto alle elezioni, dai ben 14 presidenti degli Stati Uniti che ha conosciuto, Elizabeth le aveva viste e vissute tutte. Ha saputo interpretare lo spirito dei tempi. Il peso della storia sollevato in punta di piedi e con umanità.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi