Prima di dividersi tra garantisti e giustizialisti in eterna controversia fra loro, forse i politici farebbero meglio a scoprire un aspetto pratico e purtroppo disatteso della nostra giustizia: il dovere che essa sia, prima di tutto, efficiente. Perché le storture si possono cambiare strada legislativa facendo, o correggere nel corso dei tre gradi di giudizio. Ma l’inconcludenza della giustizia è un macigno che non danneggia soltanto i tribunali e il diritto delle persone a far valere le loro ragioni “in nome del popolo italiano”: penalizza anche l’economia, la società organizzata, i rapporti fra le istituzioni e i cittadini.
Emblema di questa paralisi è, da tempo, la formulazione vaga e generica del reato d’abuso d’ufficio. Sindaci d’ogni colore politico hanno richiesto, finora inutilmente, l’abolizione o la riforma di tale norma penale che ha prodotto l’esatto contrario del pur giusto obiettivo che si proponeva: la “paura della firma” da parte degli amministratori, anziché l’individuazione di illeciti. Nel dubbio di una formulazione incerta, e che perciò fatalmente si presta all’arbitrarietà delle interpretazioni, nessuno più si sente di prendersi la responsabilità che l’incarico pur attribuisce.
Risultato? Il rallentamento di tutte le attività economiche e produttive conseguenti a quella firma mancata o rinviata. Qualcosa che in epoca di Piano nazionale di ripresa e resilienza, cioè della grande opportunità di rilancio per l’Italia, diventa addirittura un boomerang.
Ormai si sprecano gli appelli dei sindaci e le “prese di posizione” dei partiti, che a turno assicurano di condividere il malessere dei loro stessi rappresentanti sul territorio. Ora anche il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il sottosegretario Andrea Ostellari, ma soprattutto il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, concordano sulla necessità di modificare il reato che trascina moltissimi amministratori sotto processo “per un abuso d’ufficio che, nel 90 per cento dei casi, porta all’assoluzione o all’archiviazione”, come ha sottolineato.
Dunque, se il governo è consapevole e compatto, se l’opposizione condivide le sollecitazioni che provengono in buona parte da sindaci di centrosinistra, questa è una prima e concreta “riforma della giustizia” che si può fare in tempi molto rapidi. Gli stessi che impone l’economia per rimettere il Paese in cammino all’insegna del fare, e non del disfare.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi