E’ partito il conto alla rovescia. Ma a segnare la svolta non saranno le dichiarazioni ottimistiche di chi ci sta provando, né il toto-nomine (bis di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi?), bensì la sostanza politica dell’eventuale accordo in ballo fra Cinquestelle e Pd.
Per capire, dunque, se la trattativa giallorossa sfocerà in un nuovo governo, bisognerà accertare quanto l’intesa fra l’ancora principale partito della maggioranza e l’ancora principale partito dell’opposizione avrà soddisfatto le richieste del Quirinale. Non un esecutivo per astuzia, cioè che si proponga solo per impedire le altrimenti inevitabili elezioni anticipate, ma una maggioranza che si riconosca concorde in un patto politico-economico ben delineato e di lunga durata per garantire stabilità all’Italia. In pratica, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che oggi apre il secondo e ultimativo giro di consultazioni con tutte le forze politiche, aveva chiesto ai suoi interlocutori, a cominciare da Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti che si presentano da promessi sposi, non un matrimonio di convenienza, ma di convinzione. Con solidi numeri in Parlamento e nomi condivisi dalla presidenza del Consiglio in giù.
Ecco perché si susseguono i vertici, diurni e notturni, fra i potenziali alleati, che si equivalgono con le proteste del centrodestra. Gli uni cercano la quadra fra la “discontinuità” invocata dal Pd per far digerire ai propri elettori l’intesa col nemico e il decalogo pentastellato all’insegna del “Conte non si tocca”, con la riduzione dei parlamentari al primo punto. Anche per i Cinquestelle l’obiettivo è rassicurare i propri sostenitori di non aver ceduto alle richieste più pesanti del Pd. “Il confronto è partito, la strada è giusta”, sottolinea Zingaretti.
Pure il centrodestra, che si appella al giudizio elettorale, è alle prese con le sue contraddizioni. Matteo Salvini ora tuona contro il rischio del ribaltone che proprio la sua decisione di rompere con l’esecutivo gialloverde, aprendo così la crisi, ha reso possibile. Ma, secondo il leader leghista, l’”inciucio” covava già da tempo alle sue spalle. “Stanno rubando il governo”, dice Giorgia Meloni, mentre Forza Italia attacca il Pd: gli sconfitti alle elezioni vogliono governare.
Che sia una crisi molto insidiosa (a un governo anomalo ne subentrerebbe un altro dall’anomalia opposta), lo sa bene il Quirinale, che ha richiesto scelte chiare in tempi brevi. Siamo alle ore decisive.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi