Marciare per la pace in tempo di guerra: che amaro paradosso. Eppure, le mobilitazioni che i musulmani di Francia, ma anche d’Italia hanno annunciato in varie città contro il terrorismo di matrice islamica, sono un segnale che la sveglia è suonata per tutti, quel 13 novembre parigino ed europeo che porteremo dentro di noi come l’11 settembre americano e universale di quattordici anni fa. Arriva un momento nella vita della gente e non solo nella storia dei popoli in cui le coscienze più addormentate si risvegliano. E le persone più lontane fra loro si uniscono. E i governi separati da interessi, da gelosie, perfino da un Oceano immenso e blu si mettono insieme per non soccombere alla barbarie. Ciascuno facendo la cosa giusta.
Quella di noi europei è chiara come il sole che si vuole oscurare col sangue degli innocenti: non lasciare mai più sola la Francia. Perché la sua libertà mitragliata nell’ora più bella della sera, che è quella dello stare insieme per un caffè, per un concerto, per una passeggiata, appartiene a uno stile di vita che non è negoziabile. La “cosa giusta” che perciò si chiede, oggi, ai musulmani d’Europa è di condividere e non solamente di rispettare i valori morali e costituzionali alla base del nostro vivere civile. E’ un bene, dunque, che si muovano anch’essi al nostro fianco, rompendo ogni loro tabù e nostro pregiudizio.
Ma intanto Parigi è in guerra. Ha appena ucciso il mandante dell’eccidio e lanciato l’allarme sul rischio di attacchi chimici e batteriologici. Intanto l’Isis, l’autoproclamatosi Stato islamico, istiga e organizza la sua criminale battaglia contro le nazioni, le persone, perfino le antiche rovine (come la romana Palmira devastata in Siria) che hanno fatto della dignità della persona un credo senza confini. Intanto ci si domanda: ma quanto siamo sicuri in Italia?
In Europa non ci sono oasi di pace, perché il nemico vestito di nero ama farsi saltare in aria dove gli capita pur di ammazzarci tutti. Non dà valore neanche alla sua morte: figurarsi che gl’importa della nostra vita. Ma proprio questo ci rende invincibili. Nulla come la difesa della vita, nostra e dei nostri figli e nipoti, ci dà la carica per reagire ai nuovi barbari. Vivere: ecco la felicità che siamo pronti a condividere con chiunque, ma a cui nessuno può chiederci di rinunciare. Chi attenta al nostro bene supremo, e in modo così vile, deve sapere che ha fatto male i suoi conti. Sulle rovine di Palmira e del Bataclan gli europei stanno riscoprendo lo spirito dell’umanesimo che era in loro, e che d’ora in avanti nessun kamikaze riuscirà più a cancellare.
Pubblicato sulla Gazzetta di Parma