La famiglia è la patria del cuore, diceva Mazzini quando la patria, quella vera, ancora non c’era. Forse si può ripartire da questa riflessione tanto semplice e profonda per cercare di capire quanto la famiglia, questa straordinaria risorsa d’amore tipica da sempre della cultura e dell’identità italiane (“mamma mia” è una delle espressioni universali più conosciute e riconosciute), sia oggi valorizzata in Italia. E per denunciare l’indifferenza con cui da tempo le istituzioni hanno abbandonato le famiglie al loro destino, non occorre dividersi tra chi crede nel nucleo tradizionale, com’è accaduto nella manifestazione di ieri a Roma, e chi invece vorrebbe introdurre le unioni di fatto già esistenti in vari Paesi d’Europa: opinioni contrastanti, ma tutte opinioni legittime e degne della massima considerazione. In realtà, se per un momento soltanto si provasse ad andare oltre la polemica ideologica fra laici e cattolici o fra i diversi punti di vista dei cittadini su che cosa sia la famiglia italiana oggi, si scoprirà la grande e grave questione condivisibile da tutti: quanto poco le istituzioni a ogni livello facciano per i figli, che sono il frutto più bello di chi si vuole bene, qualunque sia la forma e la formula del rapporto instaurato. Dell’imbarazzante mancanza d’asili-nido, che consentirebbero soprattutto alle madri di poter fare le madri senza compromettere il diritto al lavoro, si discute da almeno trent’anni. Ma quest’anno c’è l’aggravante: la denatalità ha raggiunto percentuali di cent’anni fa. In tempo di pace siamo come al tempo della Grande Guerra ’15-’18: le morti superano le nascite.
Anche sotto il profilo fiscale i governi mai incoraggiano nella loro politica economica i giovani a “mettere su famiglia”, né premiano quei genitori che investono non solo amore nei loro figli, magari indebitandosi per pagare gli studi e i corsi migliori per i loro ragazzi. E’ come se il sistema si disinteressasse del bene più prezioso che la famiglia può donare all’intera società: il futuro dei propri figli. Non c’è un progetto, dall’asilo-nido alle borse di studio, dai crediti bancari col contagocce all’apporto economico che è ridicolo per la maternità, all’importanza mai “sostenuta” della paternità. E così le famiglie tradizionali, allargate o nuove che siano, devono vedersela da sole, perché lo Stato non dà assistenza né appoggi, a differenza di quanto avviene nelle nazioni europee a noi vicine. Dare un po’ di felicità alla famiglia, che è la spina dorsale del nostro vivere e delle nostre vite.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi