E adesso che succederà? E’ la domanda che tutti gli italiani si pongono. Eppure, è l’unica alla quale non ha risposto il pepato e velenoso dibattito al Senato, che ha accompagnato per cinque ore la fine annunciata della maggioranza gialloverde. O forse no, perché con l’ennesimo colpo di scena, la Lega ha ritirato la mozione di sfiducia che aveva temerariamente presentato. E’ la crisi più bizzarra e confusa degli ultimi anni: basta la cronaca per testimoniarlo.
“Il governo s’arresta qui”, ha comunicato all’aula il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, prima di salire al Quirinale per dimettersi. E prima ancora s’è tolto tutti sassolini dalle scarpe per scagliarli, con elegante durezza, contro Matteo Salvini, il vice che ha aperto la crisi, bersagliato sul piano politico e soprattutto istituzionale.
Ma quello di Conte è un addio o un arrivederci, visto che la seconda parte del suo discorso è stata dedicata alle “cose da fare”? E che con le dimissioni ha rivendicato, ritrovando con orgoglio il suo ruolo, “mi assumo io il coraggio che manca a Salvini”?
Altrettanto singolare la replica di Salvini, l’altro grande atteso. Dopo aver ribadito che “rifarebbe tutto” e che solo le elezioni anticipate risolveranno il conflitto da lui stesso innescato, ha però aggiunto che la Lega è pronta a votare per la riduzione dei parlamentari e una ardita manovra economica. Ma allora, voto o ripensamento?
Anche l’altro Matteo, il senatore Renzi, è intervenuto col piglio del segretario del Pd quale non è più. Per lanciare agli irriducibili avversari dei Cinquestelle un messaggio di pace e di legislatura: meglio un nuovo governo (“di cui non farò parte”), anziché le urne.
“Sì” alle urne, invece, da Fratelli d’Italia e da Forza Italia, “no” da Leu.
Per uscire dal labirinto dentro il quale la politica, spinta da Salvini, s’è infilata, bisognerà attendere le mosse del Quirinale, dove la crisi è ora approdata. Ma è facile immaginare che farà il presidente Sergio Mattarella: si chiederà quale sia l’interesse principale non delle fazioni, ma della nazione. E agirà di conseguenza. Dunque, rimettere Conte in sella, e con quale formula di maggioranza? Incaricare una nuova personalità per andare al voto anticipato in tempi e modi che evitino contraccolpi economici, come l’Iva più alta? Battezzare un’altra coalizione, che dovrà però garantire non solo i numeri in Parlamento, ma soprattutto un condiviso programma di lunga durata?
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi