Non a Berlino, Parigi o Londra. Il presidente iraniano, Hassan Rohani, ha deciso di cominciare a Roma il suo primo viaggio europeo dopo lo storico accordo sul nucleare raggiunto a Vienna sei mesi fa: il mondo occidentale e Teheran si davano la mano e giuravano reciproca fiducia, nonostante la crisi politico-diplomatica che li aveva visti pericolosamente contrapposti per dodici anni. Il nuovo corso, come tutti s’augurano che sarà, s’è dunque inaugurato in Italia. E il fatto che il disgelo sia stato accompagnato da importanti accordi economici fra le due nazioni che già da tempo vantavano un rapporto privilegiato negli scambi, frutto anche dell’attrazione dei rispettivi popoli per due civiltà del mondo così antiche come l’italiana e l’iraniana, non può che incoraggiare chi crede nelle riconciliazioni e nelle svolte. La circolazione delle merci e delle persone, come proprio l’Unione europea insegna, finisce sempre per aprire le menti e per diventare un ponte di opportunità, di ricchezza, di imprenditori, lavoratori e studenti che viaggiano di qua e di là, cioè che portano e acquisiscono conoscenza e amicizia. Spingere in ogni modo possibile il cambiamento non significa, naturalmente, sorvolare sulla radicale diversità che c’è tra chi vive in democrazia e libertà -noi europei-, e uno Stato islamico che viola i diritti umani, come hanno ricordato e denunciato i radicali in queste ore. Tuttavia, non si capisce che cosa c’entri il buonsenso storico e politico che ha indotto il mondo libero ad aprirsi verso Teheran affinché Teheran si apra verso di noi, con la ridicola copertura dei nudi ai Musei Capitolini disposta per non turbare il presidente iraniano. Non realismo politico, in questo secondo e grottesco caso, ma il voler essere più realisti del Re: un eccesso che papa Francesco, la cui sede è piena di capolavori senza veli, s’è ben guardato dal compiere, quando ha ricevuto Rohani in Vaticano. “Preghi per me”, ha chiesto il presidente al Papa, a conferma che Rohani non ha poi tanta paura di possibili equivoci. Ma comunque: chi può mai fraintendere la bellezza che infonde la “succinta” Venere capitolina? Il patrimonio artistico e culturale dell’Italia contempla anche le nudità, che nessun paravento in legno può o deve nascondere dallo sguardo di chicchessia. Tant’è che la notizia ha già fatto il comico giro del mondo. E’ stato un atto di non richiesta e stupida sudditanza: l’esatto contrario dell’orgoglioso rispetto di sé e degli altri.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi