Dategli una campagna elettorale e l’imbonitore solleverà il mondo. Il mondo delle polemiche che ha suscitato, delle paure che ha scatenato, delle promesse -la sua arma più raffinata- distribuite ovunque.
E’ contro questo rischio, il rischio che i candidati al voto del 4 marzo abusino della credulità popolare, che il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, si rivolge ai vescovi perché nuora politica intenda. “Non si può scordare quanto rimanga immorale lanciare promesse che già si sa di non riuscire a mantenere”, ammonisce. Un appello alla sobrietà dei comportamenti e alla serietà degli impegni per tutti. Un richiamo contro la tentazione della demagogia: “Altrettanto immorale è speculare sulle paure della gente. Bisogna essere coscienti che, quando si soffia sul fuoco, le scintille possono volare lontano e infiammare la casa comune, la casa di tutti”.
Come sempre quando parla un presidente della Cei, sarebbe fuorviante considerare le sue parole con l’immancabile paraocchi della faziosità: è ovvio che il cardinale si riferisce a tutti i contendenti e aspiranti presidenti del Consiglio e ai vari partiti già nell’arena. Anche se Bassetti non rinuncia a citare la polemica sulla “razza bianca” che lo stesso dicitore, il candidato governatore della Lombardia, Fontana, ha definito inopportuna dopo averla lui stesso sdoganata sul tema dell’immigrazione. “Credevamo sepolti i discorsi sulla razza”, sottolinea ora il cardinale, mentre il pur pentito Fontana rivela che, dopo quella orrenda frase, lui è “salito nei sondaggi”.
In un certo senso così avalla proprio il senso dell’intervento del presidente Cei: la gara a chi la spara più grossa, è sbagliata anche quando può risultare perfino popolare. Perché si tratterà di una popolarità effimera, fondata non sul giudizio, ma sul pregiudizio, destinata a svanire senza aver cambiato nulla in meglio. Anche se fa diventare famoso all’improvviso l’improvvido che l’ha pronunciata.
Ma la fama a ogni costo -ecco l’insidia-, è fumo che può infuocare. E’ invece il valore quel che dà solidità e si deve esigere da una classe dirigente. Il valore di farci sognare, certo, perché i sogni sono il primo mattone di ogni grande costruzione. Ma soprattutto il valore dell’onestà con se stessi e con gli altri: programmi realizzabili, coerenza tra il dire e il fare, competenza delle cose di cui si parla.
Tutto ciò che dovrebbe distinguere il politico dall’imbonitore.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi