Non potevano essere più diverse e contrapposte fra loro le due France che vanno al ballottaggio. Da una parte quella inedita, globale ed europeista rappresentata dal trentanovenne Emmanuel Macron. Dall’altra quella “profonda”, nazionalista da sempre e anti-europea da ultimo incarnata dalla quarantottenne Marine Le Pen. Il voto di testa contro il voto di pancia, la proposta contro la protesta.
Il bel tecnocrate che sa di economia e ha fondato un suo partito appena l’anno scorso, e la presidente del Front National ed europarlamentare dal 2004 che solletica, da politica, il disagio dell’anti-politica. Radicalmente diversi persino sotto il profilo familiare. Di lui si sottolinea che ha sposato Brigitte, la sua ex professoressa di francese più grande di ventiquattro anni. Di lei che è figlia di Jean Marie, a sua volta finito al ballottaggio di quindici anni fa contro Chirac, e interprete di una destra estrema e senza alleati.
Le urne del primo turno delle presidenziali francesi ci consegnano, dunque, l’espressione di un un Paese spaccato in due. Ma non più, com’era tradizione in Francia, tra gollisti e socialisti, ossia fra destra e sinistra storiche. Stavolta la divisione si specchia in due personaggi agli antipodi e anomali rispetto ai due schieramenti di classico riferimento, un uomo e una donna che al primo turno sono riusciti a raccogliere consensi ben oltre il loro elettorato potenziale. Ma al ballottaggio del 7 maggio, secondo tutte le previsioni, dovrebbe nettamente prevalere Macron, il giovane fuori dagli schemi della partitocrazia che pure piace al Palazzo. Non solo per essere stato ministro dell’Economia nel 2014 nel primo governo-Valls (socialista) dopo essersi formato all’Ena, l’istituzione che forgia i funzionari della pubblica amministrazione.
Dunque, Macron favoritissimo per l’Eliseo. I candidati principali rimasti fuori dalla corsa, a cominciare dal gollista Fillon, già invitano a non votare per Marine Le Pen e per “l’intolleranza delle sue idee”.
A sua volta Marine è già partita attaccando Macron sulla sicurezza (“con lui frontiere aperte”) e sul liberismo senza regole. La patria contrapposta al mondo, la paura alla speranza, ecco gli ingredienti anche emotivi dello scontro tra populismo e pragmatismo che si prospetta carico di tensione. Ma un bel sospiro di sollievo può intanto tirarlo l’Europa: Macron ha la vittoria in tasca.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi