Non abbiamo ancora un governo, ma in compenso continuiamo a viaggiare da un’elezione all’altra. In attesa che arrivi, domenica prossima, il voto regionale del Friuli-Venezia Giulia -e subito dopo, il 20 maggio, quello in Valle d’Aosta-, s’è appena archiviata pure la consultazione del Molise. Con un verdetto che può rappresentare un altro choc per la già travagliata formazione dell’esecutivo.
Colpisce il calo dei Cinque Stelle: 38,5 per cento al suo candidato governatore, ossia meno sei per cento rispetto alle recentissime politiche. Per un movimento col vento in poppa fallisce il terzo tentativo di conquistare una Regione dopo l’intento non riuscito in Sicilia e nel Lazio. Pur avendo strappato un “record storico” -come essi sottolineano-, in questo tipo di competizione.
Sull’altro versante colpisce che la Lega di Salvini, leader pure lui in ascesa, non abbia sorpassato la calante, ma resistente Forza Italia. Nel complesso ha vinto l’aspirante presidente di centrodestra (43,5), e ha perso, con forte distacco, il suo antagonista di centrosinistra (17,1).
Dopo cinquanta giorni senza un nuovo governo dal 4 marzo, le elezioni molisane s’intrecciano con le trattative nazionali. Adesso tocca al presidente della Camera e grillino, Roberto Fico. Il Quirinale lo manda in esplorazione per due giorni alla ricerca di un’intesa non impossibile, ma molto improbabile col Pd. Analoga impresa è stata appena tentata, a parti invertite e invano, dalla presidente del Senato e forzista, Alberti Casellati.
Ma in questo minuetto di esploratori destinati, salvo colpi di scena, a tornare con le pive nel sacco, sorprende il dilettantismo dei potenziali governanti. Specie se confrontato con lo sforzo del presidente Mattarella, l’unico che mostra d’avere la testa sulle spalle, e che perciò le prova tutte. Da una parte Di Maio rivendica l’incarico per sé soltanto, e pretende di scegliere lui i buoni e i cattivi del centrodestra con cui allearsi. Dall’altra il “prediletto” Salvini ricambia gli amorosi sensi. Ma non riesce a impedire che l’alleato Berlusconi saboti il feeling, prendendo a male parole i Cinque Stelle. E il corteggiamento finisce. Inesistente per ora il Pd, diviso fra l’anima renziana e ampiamente maggioritaria del “mai con Di Maio” anche per rispetto verso i rispettivi elettori, e quella dialogante di Franceschini ed altri.
E’ in questo labirinto che ora s’infila il presidente della Camera, Fico.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi