Se un papà che protegge suo figlio è anche l’Elevato del movimento Cinque Stelle- così lui amò con ironia definirsi-, è inevitabile che il personale diventi politico, come proclamava il femminismo degli anni Settanta. E il video di Beppe Grillo, in cui il comico difende con foga il rampollo dall’accusa d’aver violentato, assieme a tre coetanei, nella casa familiare di Porto Cervo, una diciannovenne milanese d’origine svedese nell’estate del 2019, è già finito in Parlamento. E’ bufera nell’aula della Camera per quelle parole (“mio figlio non è uno stupratore, la ragazza era consenziente”) che la famiglia della diciannovenne ha definito “ripugnanti”. E che tutto l’arco politico, con il distinguo e in parte l’imbarazzo dei pentastellati, che comprendono “il dolore di un padre” nel rispetto della ragazza e della magistratura, condanna con durezza. La senatrice leghista Giulia Bongiorno, avvocato della giovane italo-svedese, porterà il video in tribunale “perché denota una mentalità”.
Ma le polemiche contro Grillo non incideranno sulla verità dei fatti accaduti, che tocca solo ai magistrati accertare anche sull’onda di un altro video riguardante la vicenda nella villa. Secondo la versione di papà e mamma, tale video testimonierebbe l’innocenza del figlio Ciro e degli altri. Al contrario, secondo l’accusa avvalorerebbe il racconto della ragazza e vittima. Rinvio a giudizio o no? I giudici diranno.
E’ invece l’aspetto politico del capo dei Cinque Stelle che già adesso gli avversari, ma anche gli alleati, stanno “giudicando”. Com’è possibile, si dice, che chi ha fatto del giustizialismo un tratto della propria politica, scopra di colpo il garantismo, quando c’è di mezzo il figlio di papà?
E poi: com’è possibile tuttora ignorare che il rapporto uomo-donna e il rispetto per i diritti delle donne sono cambiati? E da lungo tempo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi