Barbari, ma non ingenui. Con la strage degli innocenti del 7 ottobre, Hamas ha aggiornato il celebre pensiero del generale e stratega militare prussiano von Clausewitz nell’Ottocento: il terrorismo non è che la continuazione della politica con altri mezzi.
Ora che nel Medio Oriente divampa il fuoco della guerra e delle minacce di intervento, si può capire quanto quel vile massacro, pianificato dagli attentatori di ispirazione islamica, sia diventato un grave detonatore di odio e di violenza. L’atto politico che Hamas cercava: sangue chiama sangue.
Allarma il monito del regime teocratico in Iran, secondo il quale “la crisi può diventare incontrollabile”. “Se attaccati, colpiremo Teheran”, risponde subito Tel Aviv, mentre il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, minaccia conseguenze distruttive per gli Hezbollah e per il Libano, se questa milizia filo-iraniana decidesse di promuovere una “guerra totale”.
Ma anche gli Stati Uniti mettono in guardia i nemici dello Stato ebraico, assicurando “azioni appropriate”, contro gruppi o Paesi che volessero “ampliare questo conflitto a loro vantaggio”, come ha detto il segretario alla Difesa, Lloyd Austin. E le autorità americane, che hanno già spostato navi e aerei nel Mediterraneo orientale per rafforzare la presenza militare di dissuasione nella regione, parlano di “rischio di escalation”. L’eco delle armi e delle grandi manovre sovrasta la telefonata tra Papa Francesco e il presidente statunitense, Joe Biden, per individuare un “percorso di pace”.
Anche a prescindere da come reagiranno altri Paesi arabi (ma gli Usa hanno già abbattuto tre missili che provenivano dallo Yemen contro Israele), lo sviluppo di questo scontro incandescente passa dagli oltre 200 innocenti, bambini compresi, in mano a Hamas nella Striscia di Gaza e dall’annunciata invasione di Israele per colpire chi l’ha colpito.
Ostaggi e invasione, rischio per i civili israeliani e per quelli palestinesi, posto che nessuna azione di guerra può essere così “chirurgica” da risparmiare i civili. Specie se è proprio questo che Hamas ha deliberatamente provocato: spingere Israele a reazioni che lo stesso Occidente, ampio, importante, ma unico alleato, non potrebbe accettare.
Di ora in ora, dunque, si gioca una partita su una scacchiera insanguinata. E le mosse più difficili spettano proprio allo Stato ebraico sotto scacco.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova