Se c’è un Papa distante dal Palazzo, e in particolare dalla politica di stanza a Roma, questo è Francesco. Fanno, perciò, sorridere i tentativi già in corso d’interpretare in chiave ideologica la sua ultima e intensa riflessione sul diritto dei migranti ad avere una patria.
Sì, il figlio di emigranti piemontesi “venuto quasi dalla fine del mondo”, l’argentino Jorge Mario Bergoglio, ha ribadito d’essere favorevole ai cosiddetti ius soli e ius culturae, ossia a “riconoscere e certificare” la nazionalità a chi nasce, pur figlio di stranieri, sul suolo d’Italia. E anche a chi vi arriva da bambino e compie un intero ciclo scolastico nelle nostre scuole.
Nella sostanza, è quel che prevede il testo legislativo approvato un paio d’anni fa alla Camera senza ammutinamenti, né barricate, e ora all’esame dal Senato in un’atmosfera ben diversa: ferro e fuoco minacciano le opposizioni. Tant’è che il governo-Gentiloni, che era pronto perfino a mettere la fiducia per dare il via libera a una legge fortemente voluta dal Pd, ha deciso di sospendere il braccio di ferro. Ha scelto la prudenza per il cambiamento delle circostanze. Oggi è più difficile spiegare agli italiani, preoccupati per gli sbarchi senza fine e per l’”arrangiatevi!” con cui l’Europa ci ha abbandonati al nostro destino, che lo ius soli, oltretutto “temperato”, non incoraggia alcuna invasione. Si limita a regolare la situazione dei “nuovi italiani” che già sono tra noi -ragazzi nati o cresciuti qui-, ma che non sono considerati cittadini italiani per l’anagrafe. Puro buonsenso. Ma anche il proponente Pd ha errori da rimproverarsi (nessuno è esente da colpe sul tema): anziché sventolare l’importante novità come una bandiera, avrebbe dovuto condividerla il più possibile con le opposizioni.
Invece un tipico interesse nazionale s’è trasformato nel muro contro muro. E il leader della Lega, Matteo Salvini, ha risposto al Papa di farsi “lo ius soli in Vaticano”, come se di bieco scontro tra fazioni si trattasse, e non di alto richiamo al valore universale del diritto alla patria per chi fugge dalla sua terra e per i suoi figli.
Dunque, Francesco ha dato un aiutino al governo-Gentiloni? O, al contrario, gli ha ributtato la patata bollente in pentola? I politici si fanno queste domande. In realtà, il Papa ha posto una grande questione non solo all’Italia, ma a quest’Europa che nega identità agli altri, senza averne una, forte e consapevole, lei stessa.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi