Il nuovo codice e la guerra sulle strade d’Italia

I dati sono terrificanti. L’anno scorso sono morte 3.039 persone sulle strade d’Italia e quasi 225mila sono stati i cittadini feriti. Corrispondono a un quarto dei feriti italiani che l’intera Grande Guerra ha lasciato sul campo negli oltre tre anni e mezzo di violenti e tragici combattimenti dal 1915 al 1918.

Sì, è giusto paragonare a una guerra gli effetti devastanti dei ben 456 incidenti al giorno che si sono registrati in media nel 2023, e quasi sempre per mancato rispetto delle regole, anche le più elementari. Come il divieto di parlare al telefonino, di bere, di fare uso di stupefacenti, di non immedesimarsi in Charles Leclerc, pilota che sfreccia a tutta velocità sulla Ferrari nelle piste di Formula 1, mentre si guida l’automobile nel traffico sempre intenso, spesso pure impazzito e non di rado in tilt.

Per cercare di diminuire, cioè di prevenire, le stragi su quattro ruote, il Senato ha approvato in via definitiva il “nuovo” codice stradale.

Le virgolette non sono casuali, perché in realtà ogni governo che passa, si cimenta con le sue novità. Il che è un bene, perché l’intento è di far fronte senza soste a una situazione insostenibile (di anno in anno le statistiche peggiorano, con l’unica magra consolazione dello 0,4% di vittime in meno l’anno scorso). Anche se a forza di riforma che scaccia riforma, si finisce per rendere ballerino un ambito che dovrebbe essere regolato il più possibile dalla stabilità. Invece, si può star sicuri che neanche i vigili conoscano i quasi 700 articoli fra codice della strada, regolamento d’attuazione e appendici.

Ecco perché le riforme, oltre che essere chiamate al rigore sollecitato dalla drammatica e quotidiana esperienza su strada, devono anche dare un segnale forte e chiaro ai cittadini. E il segnale del “nuovo” codice è la maggiore severità.

A seconda delle violazioni, si prevedono multe più salate, sospensione e ritiro della patente con perdita di punti, obbligo del casco e di un contrassegno per i monopattini, confisca anch’essa obbligatoria dei veicoli. Insomma, tutto va nella direzione di una linea dura per mettere in guardia chi sale in macchina a farlo con responsabilità. Consapevole di avere tra le mani non un giocattolo, bensì un mezzo che per distrazione, imprudenza o colpa grave o lieve che sia, può trasformarsi in arma pericolosissima e perfino mortale.

Forse è nel divieto del cellulare al volante che si può individuare la principale caratteristica che il governo e il Parlamento hanno voluto rendere esemplare con multe fino a 1.400 euro e ritiro della patente per tre mesi (per i recidivi: perché ci sono anche quelli).

Basta, dunque, con l’uso diffuso e disinvolto, e solo all’apparenza innocuo del telefonino, che gli esperti considerano tra le cause più inaccettabili degli incidenti, perché ci vorrebbe ben poco per prevenirli: o si guida o si parla e si messaggia al cellulare.

Ma le due cose insieme non vanno bene nella “trincea” stradale.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova