Le trattative sono almeno due, l’una più impervia dell’altra. La prima riguarda il Pd, che oggi riunisce la sua direzione per sancire la spaccatura annunciata dall’esito stesso delle elezioni di marzo. Da una parte l’ala renziana, che è ostile a un governo coi Cinque Stelle. Dall’altra quella che è invece ostile a Renzi e favorevole a una possibile intesa coi grillini. Un dialogo tra sordi che, nei fatti e nei numeri necessari in Parlamento per far decollare un nuovo esecutivo, ha già spento il forno che il pentastellato e speranzoso Di Maio aveva acceso, occhieggiando alla sua sinistra.
E’ però alla sua destra che si registra un ritorno di fiamma di Salvini. Il quale, rinvigorito dai risultati del voto in Molise e soprattutto in Friuli, ora chiede volgendosi a Di Maio, ma in realtà rivolgendosi al Quirinale, d’avere un pre-incarico a nome del centrodestra per dar vita alla maggioranza che non c’è.
Nel frattempo cresce il pasticcio nel pasticcio. Di Maio, che all’inizio aveva aperto a Salvini ma non a Berlusconi, per poi fare altrettanto a ruoli invertiti col Pd, adesso, abbandonato dall’uno e dagli altri, reclama le elezioni anticipate. Aggiungendo che Salvini non le vuole, perché la Lega ha problemi finanziari e antepone le poltrone all’interesse dei cittadini. “Non rispondo a insulti”, risponde l’interessato, che minaccia querele e dà del “bambino arrogante” all’interlocutore sempre più distante. Aggiungendo un sibillino “faremo da soli”: ma come, se gli mancano i voti nelle Camere?
Botta e risposta al veleno, dunque, da amanti traditi, di Maio e Salvini, i protagonisti dell’originaria proposta di matrimonio governativo sbocciata, eppur mai consumata. Toccherà al presidente Mattarella muoversi in questo caos tutt’altro che calmo per capire dove finiscano i veti e comincino i voti per una maggioranza chiamata ad approvare la legge di bilancio, a trattare in Europa, a cambiare la legge elettorale.
Se la richiesta di Salvini avesse i consensi per partire sulla base di un programma breve, concreto e concordato, il pre-incarico potrebbe essere sperimentato. Non, però, se tale richiesta fosse soltanto un espediente per guadagnare altro tempo senza partorire alcun governo.
Scenario “politico”, trainato da Salvini e centrodestra? O già si profila il “governo del presidente”, soluzione istituzionale per assicurare una necessaria guida all’Italia e tornare fra pochi mesi alle urne?
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi