Non poteva cadere meglio, il Giubileo della speranza e della riconciliazione, al tempo malato delle guerre.
Con l’apertura solenne della Porta Santa della Basilica di San Pietro, domani alle 18.30 Papa Francesco apre l’anno delle celebrazioni per la Chiesa cattolica, apostolica e romana e per il miliardo e quasi 400 milioni di fedeli che si stimano nel mondo.
Già adesso non si contano gli appuntamenti e soprattutto il numero dei pellegrini in arrivo a Roma fino al 6 gennaio 2026, giorno di chiusura dell’anno di grazia. Per i credenti si prospetta un viaggio dal forte impegno e impatto spirituale con la possibilità di chiedere l’indulgenza plenaria e la remissione dei peccati.
Ma al di là della granitica tradizione nella storia della Chiesa (un Giubileo ogni 25 anni; il primo si tenne nel 1300 e in origine doveva essere di secolare cadenza), il grande evento si svolgerà in un contesto planetario che non poteva essere più incerto e drammatico.
Si calcola che oggi ci siano 56 conflitti in corso: mai così tanti dalla fine della seconda guerra mondiale. Non a caso il Papa ha parlato più volte di una “terza guerra mondiale a pezzettini”, deplorandone il male assoluto che essa suscita sempre e comunque, non solo a danno delle popolazioni innocenti e di civili estranei a qualsivoglia intento bellicista, trattandosi di bambini, donne, anziani, cioè vittime indifese. “Ripugnante”, è l’aggettivo che più spesso Francesco ha associato con indignazione alla guerra.
Ma i suoi innumerevoli appelli, che si sono intensificati dopo l’invasione scatenata da Vladimir Putin contro l’Ucraina il 24 febbraio 2022 e in concomitanza con il conflitto permanente in Medio Oriente, sono rimasti inascoltati. Insensibili alla politica e alla diplomazia, i responsabili di questo male assoluto lo sono ancor più a fronte delle armi di un Papa, che sono soltanto il vigore delle sue parole e il messaggio di pace invocato.
Eppure, proprio le guerre testimoniano che non bastano soldati, bombe o carri armati gli uni contro gli altri schierati per fermare la disumanità. Non bastano le sanzioni economiche. Non basta l’occhio per occhio, che è l’odio per odio.
Per disinfettare l’universo dalla tentazione, coltivata in particolare dai regimi autoritari, di risolvere i problemi a colpi di missili o al suono delle mitragliatrici, bisogna diffondere quella consapevolezza morale, prima ancora che storico-politica, che l’Occidente ha acquisito dopo secoli di sanguinosi conflitti casalinghi. La consapevolezza non già di vivere in un mondo buonista e privo di contrasti, che non esiste neppure nelle favole, ma che nessuna guerra può venire a capo di una controversia.
Da 79 anni, cioè dalle macerie del 1945, gli europei hanno scoperto e difendono la forza invincibile della pace. Non è più un’utopia.
E perciò anche il Giubileo e il suo Papa possono contaminare il mondo con l’annunciata “speranza”, se non della penitenza per gli impenitenti o dell’impossibile perdono -almeno qui sulla Terra- per i carnefici, che seppellire la guerra non è più un tabù per l’umanità.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova