Quante guerre il fragile accordo appena trovato a Monaco dovrebbe o vorrebbe risolvere. Per cominciare quella che da cinque anni vede la Siria martoriata con quasi trecentomila morti e un esercito disperato di profughi in giro per l’Europa. Quel conflitto troppo a lungo da tutti ignorato ha dato a sua volta vita alla guerra fredda in pieno corso fra Stati Uniti e Russia, ossia tra chi considera mostruoso il regime di Assad e chi invece indica come nemico principale il fanatismo violento e sanguinario che cova sotto la cenere degli oppositori ad Assad e dell’autoproclamatosi Stato islamico dell’area. Da dove vengono l’incubazione e l’incubo della terza guerra evocata dal premier francese Manuel Vals senza giri di parole: la guerra al terrorismo che ha già colpito Parigi, “ma ci saranno altri attacchi e grandi attentati, questo è certo”, come ha denunciato Vals, lanciando un allarme che è mondiale e che potrebbe durare per un’intera generazione.
Ecco, allora, che l’ultima e durissima offensiva che in queste ore s’è scatenata per la “riconquista” governativa di Aleppo, un tempo proclamata “patrimonio dell’umanità” dall’Unesco, produce anche una pesante polemica proprio fra quanti avevano siglato la tregua, o meglio, la tregua armata a Monaco. Da una parte il segretario di Stato americano John Kerry che avverte: se Assad non manterrà gli impegni, vale a dire la cessazione di ogni ostilità nel giro di sette giorni, e se l’Iran e la Russia non lo costringeranno a farlo, “la comunità internazionale non starà a guardare come degli scemi”. Kerry non esclude l’invio di truppe di terra in aggiunta, mentre la Russia bombarda in Siria per appoggiare il regime. Guadagnandosi, così, l’accusa di colpire la popolazione civile e di ridare vigore ad Assad, che già sogna di restare oltre le rovine. Prospettiva che suonerebbe crudele per gli oppositori moderati che in questi cinque anni si sono sacrificati, e terribile per la strategia futura di quanti concordano con gli americani: mai più Assad nella Siria un giorno liberata e pacificata.
La questione siriana è dunque un labirinto insanguinato di interessi molto diversi fra i diciassette Paesi, Italia compresa, che sono politicamente coinvolti nel Medio Oriente che brucia. E’ il dilemma di come affrontare la tragedia di un popolo e di una terra distrutti, senza ritrovarci i terroristi in casa.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi