Sembra un racconto di Gabriel García Márquez, il più grande scrittore colombiano e premio Nobel per la letteratura.
Invece non c’è niente di romanzato né di fantastico nelle dolorose vicende del Venezuela. Un tempo il Paese più ricco e promettente dell’America latina, grazie al petrolio e alla posizione geografica fra nord e sud del continente, ma da tempo abbandonato alla sua sempre più povera e drammatica sorte.
Protagonista non richiesto di questa storia molto sudamericana è Nicolás Maduro, che si rifiuta d’accettare la sconfitta delle elezioni del 28 luglio, secondo le opposizioni in rivolta e tutti gli osservatori esterni che ne hanno denunciato i brogli.
Del resto, lui stesso afferma di aver vinto con un inverosimile 51,2%, mentre i verbali dei seggi -che Maduro non vuole far vedere, nonostante perfino i presidenti amici suoi, come il brasiliano Lula, lo sollecitino a farlo-, testimonierebbero la netta vittoria degli avversari.
Dunque, da due settimane proteste represse con 24 morti, oltre 2.200 arresti e appelli internazionali a presentare i verbali. Ma nulla di tutto ciò ha indotto a cambiare idea l’ultimo rappresentante di un regime autoritario e demagogico inaugurato nel 1998 da Hugo Chávez, emulo di Fidel Castro, nonostante la sua feroce ed economicamente fallita dittatura comunista in salsa cubana.
Tra gli oppositori imprigionati a Caracas, i leader anti-Maduro, William Davila e Americo De Grazia, che sono italo-venezuelani.
“Chiedo la liberazione immediata dei due dissidenti”, ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “Lavoriamo con i partner, affinché il Venezuela possa finalmente tornare a essere un Paese libero”.
Ecco il punto: come può l’Europa aver dimostrato tanto disinteresse per quanto accade a Caracas da oltre un Ventennio? La violazione dei diritti della persona e la catastrofe economica hanno spinto quasi 8 milioni di venezuelani a emigrare. Quasi un quarto della popolazione, che vede la presenza di una consistente e affermata comunità italiana, anch’essa vittima di Maduro, che le opposizioni accusano pure di corruzione.
E con una trattativa riservata gli Stati Uniti gli avrebbero offerto l’amnistia, se lascerà il potere.
Come in Medio Oriente, dove il suo ruolo è irrilevante, come nell’Africa lasciata alla mercè della Cina e della Russia, l’Ue sottovaluta anche i rischi della geopolitica altrui in America latina, che fin dal nome evoca il legame indissolubile col Vecchio Continente.
Quella geopolitica che poi porta Maduro a stare dalla parte di Putin e di Xi Jinping in nome di un ideologismo antiamericano e anti-occidentale che appare surreale quanto i racconti di García Márquez.
Ma se l’Europa si ritira persino da quel mondo in cui le è naturale rispecchiarsi e ritrovarsi per storia e tradizione, lingue e cultura, economia e principi di libertà, poi saranno altri ad occupare lo spazio lasciato vuoto, cioè disertato.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova