Nel mondo sempre più alla rovescia può capitare che quel sincero liberale di Vladimir Putin definisca “una violazione delle regole democratiche” (così il commento del Cremlino), la sentenza con cui un tribunale di Parigi ha condannato a 4 anni di reclusione per appropriazione indebita di fondi Ue e dichiarato ineleggibile da subito Marine Le Pen, leader del Rassemblement national e considerata dai sondaggi la grande favorita per la corsa all’Eliseo. A cui dovrà rinunciare, a prescindere dall’appello già annunciato contro la condanna e dal braccialetto elettronico che dovrà portare per 2 anni. “Democrazia giustiziata”, accusa Jordan Bardella, presidente del partito e probabile candidato al posto dell’esclusa. “Colpito” dalla sentenza si dice pure il primo ministro, François Bayrou.
Come ogni sentenza, anche questa si presta a ogni critica, tipica di uno Stato di diritto che ha ben chiara la distinzione fra poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Ma la più aspra e legittima contestazione non può prescindere da un paio di presupposti-cardine.
Il primo è il rispetto per la decisione presa dopo un pubblico processo in cui le parti hanno potuto argomentare ciascuna tutte le proprie ragioni.
Il secondo è conoscere le carte: per questo il dibattimento si fa in aula secondo procedure rigorose e non nel caos del web all’insegna di chi la spara più grossa.
Sono regole elementari che valgono -Putin ci resterà male a scoprirlo- pure in Francia, nazione che non risulta aver riaperto la Caienna per gettarvi dentro i Papillon del nostro tempo, come altri amano fare in Siberia coi loro dissidenti.
Eppure, anche nei super-democratici Stati Uniti il conflitto fra diritto e politica, fra toghe accusate di scelte ideologiche e i repubblicani di Donald Trump, si fa sempre più acceso. Ci pensa l’imprenditore e facente parte del governo Elon Musk alla battaglia ormai universale contro le toghe (magistratura italiana compresa, già presa di mira per aver sospeso la decisione del governo d’inviare sette migranti in Albania).
“Quando la sinistra non può vincere al voto democratico, abusa sul sistema legale per incarcerare i rivali”, attacca Musk in difesa di Marine. “Avanti tutta, amica mia!”, gli fa eco Matteo Salvini, citando la vicenda della Romania. Dove una recente sentenza della Corte Costituzionale ha confermato l’esclusione del candidato Calin Georgescu, ultra-nazionalista e filo-russo, dalle elezioni presidenziali che aveva vinto al primo turno poi annullato. L’hanno accusato d’aver violato le regole elettorali.
Ora, il rapporto fra giustizia e politica è complicato da sempre e ovunque. Le umane sentenze non sono oro colato e non tutti i magistrati sono esenti, come dovrebbero, dalla politicizzazione.
Ma lo stesso vale quando i politici pretendono di fare loro i giudici e di stabilire quali siano le decisioni giuste e quali no. I politici, inoltre, sono legislatori, cioè hanno fatto quelle leggi che poi criticano, se e quando a loro non vanno più bene.
Dalla divisione dei poteri al cortocircuito il passo è breve.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova