Aveva ragione Indro Montanelli, quando diceva che, se fossimo governati da stranieri, l’amore delle pubbliche istituzioni per l’Italia sarebbe maggiore di quello modesto profuso dai governanti italiani. E le cose andrebbero molto meglio, era il patriottico sottinteso.
Ma adesso l’amaro eppur allegro paradosso sulla politica investe anche il giornalismo. Merito di Maarten van Aalderen, che presiede l’Associazione della stampa estera nel nostro Paese. Lui è olandese e ha avuto l’idea semplice e simpatica di chiedere ai suoi colleghi del mondo, altri venticinque giornalisti dalla Germania alla Turchia, dalla Romania all’Argentina, dalla Grecia all’Iran e via elencando, di raccontare qual è, per ciascuno di loro, “il bello dell’Italia”. Proprio così, “il bello” e non quel brutto quotidiano che ormai anima da anni i giornalisti italiani d’Italia, coi loro telegiornali trasformati in necrologi e i loro giornali che descrivono con compiaciuto entusiasmo tutte le magagne, moltissime, del nostro Paese. E che invece snobbano, quasi fosse da provinciali la sola idea di occuparsene, tutte le meraviglie che fanno dell’Italia, nonostante l’autodenigrazione dilagante, uno dei Paesi più belli e più amati -appunto- del mondo. I giornalisti stranieri sanno che siamo nel G8, mentre per molti colleghi italiani cultori del “facciamoci del male”, siamo nell’eterna “serie B” di qualunque classifica nazionale e internazionale.
Ma Maarten van Aalderen da giornalista olandese non può avere il complesso di tanti giornalisti (e politici) italiani, per i quali è sempre meglio essere compatiti che elogiati. E perciò dopodomani presso la Stampa estera presenterà il frutto della sua ricerca estesa ai corrispondenti. E che si chiama, senza falsi pudori, “Il bello dell’Italia”.
Un libro che si presenta coi colori verde, bianco e rosso, tanto per riaffermare l’appassionante libertà con cui ciascuno degli interpellati ha scelto di descrivere il Belpaese. Descriverlo anche come viatico, perché si risollevi dalla crisi economica e dalla sindrome senza speranza di chi vede sempre e soltanto nero. Il declino permanente.
Quale lezione, allora, e meritatissima. Mai i colleghi stranieri hanno taciuto o smesso di criticare ciò che in Italia non funziona, dalla politica agli scandali, dalla corruzione alla criminalità, e decine di dure copertine (da “Der Spiegel” all’”Economist”, a “Time”) e centinaia di articoli implacabili stanno lì a testimoniarlo. Ma ciò non impedisce loro di raccontare anche l’altra realtà dell’Italia che essi conoscono e vivono. La realtà della stragrande maggioranza dei cittadini troppo spesso dimenticata o sminuita dal giornalismo di casa. Altrove il lancio di Samantha Cristoforetti nello spazio avrebbe avuto l’apertura dei telegiornali in diretta: in Italia l’astronauta italiana deve accontentarsi di Sanremo (e registrata) e di Fazio in collegamento.
Ma non importa. Se “il bello dell’Italia” dobbiamo scoprirlo dai corrispondenti esteri, vuol dire che l’Italia continua a essere al centro del mondo. Prima o poi anche i colleghi italiani se ne accorgeranno.
Pubblicato su Il Messaggero di Roma