Per pronunciare il “non possumus”, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha scelto l’infuocata arena del Parlamento. “Inesistente la possibilità di modificare il 41bis”, ha chiarito a proposito della normativa sul carcere duro destinato ai mafiosi. Ma che per la prima volta si sta applicando anche nei confronti di un anarchico, Alfredo Cospito.
E’ l’uomo, classe 1967, in carcere da dieci anni per aver gambizzato, nel 2012, Roberto Adinolfi, l’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare. Un attentato che fu rivendicato da gruppi anarchici che gli investigatori considerano violenti e con finalità terroristiche, e dei quali Cospito è ritenuto uno dei capi. Ma il detenuto, condannato anche per l’attentato contro la scuola Carabinieri di Fossano (Cuneo) nel 2006, da tre mesi è in sciopero della fame, e le sue condizioni peggiorano.
“Lo stato di salute di un detenuto non può costituire un elemento di pressione”, ha precisato Nordio a nome del governo, che non intende cedere sulla linea della fermezza.
Ma intanto è esplosa la polemica politica e giuridica sulle restrizioni che l’ordinamento penitenziario prevede per i condannati per mafia, e che in questo caso vengono applicate a un anarchico riconosciuto colpevole di delitti gravi, che però -dicono i critici del regime del rigore- non hanno provocato morti. Si contesta ciò che è giudicato una sproporzione fra il modo di scontare la pena e gli atti pur eversivi compiuti.
Come sempre, quando lo scontro si alza di livello, come testimonia lo scambio di accuse pesanti tra Fdi e Pd, nel tritacarne finiscono torti e ragioni che si mescolano e si confondono.
Ma i principi della Costituzione non possono confliggere mai con l’ordinamento che si dà lo Stato attraverso il Parlamento. Se le pene “non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” (articolo 27), e il 41bis è considerato incompatibile con tale prescrizione, esiste un’ampia, garantita e indipendente possibilità di ricorsi alla giustizia per far valere il punto di vista contrario. Anche un singolo caso può arrivare fino alla Corte Costituzionale, e persino fare giurisprudenza. Ma lo Stato di diritto ha pure il compito di stabilire come difendersi dal crimine mafioso o terroristico.
“Io voglio vivere, ma non dico agli anarchici cosa fare”, afferma, intanto, Cospito, secondo quanto riferisce il consigliere regionale lombardo, Usuelli, che l’ha visitato in carcere. Il caso e le polemiche continuano.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi