Guido Bertolaso è nato a Roma e ha cinquantotto anni. E’ il sottosegretario alla presidenza del Consiglio preposto all’emergenza rifiuti in Campania. Da sette anni Bertolaso è anche il responsabile della Protezione civile in Italia.
Dopo quattordici anni di vergogna, i rifiuti a Napoli sono scomparsi. Qual è stata la magia?
“Non c’è stata alcuna magia, ma una grande collaborazione fra istituzioni. Parlerei, semmai, di un segreto: il gioco di squadra. Cominciando dall’impegno personale del presidente del Consiglio, e dall’adesione del governo al piano operativo, alla strategia e a un metodo che già si conoscevano. Erano indirizzi che avevo individuato l’anno scorso, ma che per fattori eminentemente politici non fu possibile realizzare. A ciò aggiungo il ruolo determinante dell’esercito. Sia nella prima emergenza gestita dal prefetto Gianni De Gennaro, sia e soprattutto adesso”.
Durerà?
“Fino a quando avremo la partecipazione e l’appoggio convinto del governo centrale e delle istituzioni locali, al di là delle proteste e delle amarezze localizzate, durerà. La nostra ferma determinazione è di risolvere il problema per sempre. Un problema che non è mai stato di natura tecnica, ma politica”.
Ormai si può ricavare una lezione dalla vicenda della Campania: quale?
“Questa: se si vogliono far trionfare gli individualismi e il localismo, il nostro Paese non andrà da nessuna a parte”.
E’ stata una dolorosa e scandalosa eccezione, oppure anche altre regioni rischiano una crisi della spazzatura “alla campana”?
“Molte regioni sono ai limiti. Specie quelle che si trovano prive di serie iniziative che possano tenere sotto controllo la situazione nel tempo”.
Quali regioni, tanto per non fare nomi?
“Tanto per non far nomi, se non si va avanti coi termo-valorizzatori predisposti dal presidente Piero Marrazzo, fra dodici mesi il Lazio potrebbe trovarsi nuovamente all’emergenza-rifiuti. Ma la situazione potrebbe esplodere anche in Calabria, dove c’è un solo termovalorizzatore a Gioia Tauro, e dove non tutte le province fanno la raccolta differenziata. Anche in Sicilia non mancano le difficoltà latenti. Le regioni virtuose sono tre o quattro in tutto, l’Emilia-Romagna, la Lombardia, il Veneto, le province di Bolzano e di Trento. Nessuna regione può affermare d’essere completamente tranquilla sulla questione dello smaltimento”.
All’estero quanto è stato percepito, secondo lei, il fatto che l’Italia abbia risolto lo scandalo di Napoli?
“E’ stato recepito. Debbo dire che la dedizione con cui il presidente del Consiglio s’è speso per lanciare “urbi et orbi” il messaggio che il problema era stato eliminato, ha lasciato il segno. Ma lei m’insegna che le cattive notizie finiscono in prima pagina, mentre quelle buone bisogna leggerle a pagina 27, e cercandole, perché sono pure scritte in piccolo. L’impatto è ancora largamente deficitario. Ci vorrà molto tempo per riuscire a recuperare in termini di immagine”.
Il civismo s’impara, specialmente da piccoli. Perché è così difficile insegnare una cosa tanto facile?
“A scuola l’educazione civica è stata abolita, mi pare, da trent’anni. Apprendiamo sempre che ogni nuovo governo intende ripristinarla. Poi però non accade mai”.
Lei fa parte del governo: perché non prende l’impegno per ripristinarla?
“Come sa, la scuola dipende dal ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, che ha preso molti e importanti impegni, anche nell’opera di informazione. Credo che la scuola sarà decisiva per contribuire a diffondere civismo nella Nazione”.
La Protezione civile è diventata, con gli anni, una delle istituzioni più riconosciute. Qual è la formula della buona popolarità conquistata?
“Essere sempre sul posto, e dare l’esempio”.
In che cosa, invece, deve ancora migliorarsi questa, nostra Protezione?
“Nello stare sul territorio a tutti i livelli istituzionali. Non è possibile che se si rompe la condotta d’acqua di un Comune, o se divampa un incendio lontano, o s’interrompe la rete autostradale/ferroviaria in una qualunque parte del territorio nazionale, debba sempre intervenire “il Bertolaso” da Roma. Il livello locale funziona solo al cinquanta per cento”.
Dovrebbero tutti lavorare per poter mandare “il Bertolaso” di Roma tranquillamente in pensione?
“Sì”.
Quali sono stati il successo che le è rimasto più caro, e l’insuccesso che invece non ha ancora digerito?
“Sa qual è la mia maggiore soddisfazione? Le persone che mi fermano per strada per salutarmi, ringraziarmi, incoraggiarmi. Per un funzionario dello Stato è il massimo. Tanti insuccessi, invece. Non essere ancora riuscito nella campagna di prevenzione resta il mio cruccio principale. Penso alla tragedia della scuola crollata a San Giuliano, ai bimbi sotto le macerie…Penso al fatto che il sessanta per cento dell’Italia sia a rischio sismico. Per questo insisto così tanto sul dovere della prevenzione, ancora prevenzione, e sempre prevenzione”.
Quando avremo spiagge senza bottiglie, lattine e altre porcherie lasciate sulla sabbia?
“Quando ogni italiano avrà imparato che il territorio è proprietà di ognuno di noi, e non “terra di nessuno”. Con mia moglie raccogliamo ogni volta sacchetti di plastica sulla spiaggia, come lo faremmo nel salotto di casa. E’ la stessa cosa”.
Quando avremo un’estate senza incendi boschivi?
“Quando avranno arrestato tutti gli incendiari, che purtroppo non sono pochi. E quando ognuno di noi proteggerà il bosco come il giardino della propria casa”.
E quando avremo un autunno senza fiumi che straripano?
“Questo è più difficile, perché qui subentra Madre Natura: lei è padrona e dispone. La storia dell’uomo è piena di alluvioni. E poi negli ultimi cinquant’anni s’è fatto di tutto per massacrare il territorio più bello del mondo”.
Ma alla fine è più importante l’opera di prevenzione ambientale o di repressione penale nei confronti dell’illegalità?
“Procedono a braccetto. Però una prevenzione convinta e totale sradica l’illegalità”.
Abbiamo buone norme oppure i codici -penale, civile e di procedura- sono un colabrodo?
“Abbiamo leggi perfette sulla carta. Ma vengono attuate poco. E interpretate male”.
Ma i vostri allarmi, per esempio sul maltempo, sono generalmente ascoltati o snobbati dalle amministrazioni “avvertite”?
“All’inizio erano snobbati. Dopo anni, ora riusciamo a farci ascoltare sempre di più. E qualche magistrato che è nel frattempo intervenuto, ha aiutato a creare una nuova consapevolezza”.
E allora com’è possibile che intorno al Vesuvio ancora bollente vivano migliaia e migliaia di cittadini?
“Madre natura riguarda anche il Vesuvio. E’ una storia che grida allo scandalo per quello che è stato permesso nel tempo, nel lungo tempo, cioè che da quelle parti vivessero cinquecentomila persone distribuite in ben 18 Comuni. E’ ovvio che oggi non possiamo lasciare senza casa cinquecentomila italiani. Oggi possiamo fare un piano di emergenza e di evacuazione il più preciso possibile, e monitorare il vulcano per dare l’allarme in tempo. E’ quello che abbiamo fatto”.
Dottor Bertolaso: lei come s’è appassionato alla causa del Bel Paese?
“Quando ero ragazzo, non ero un campione. Passavo le estati in collegio, per prepararmi agli esami di riparazione. In Sabina c’era una stupenda abbazia benedettina. Una volta scoppiò un incendio terribile, che arrivò a circondare il monastero. E allora io organizzai i miei “somari d’accompagnamento” e intervenimmo, tutti noi ragazzi, per limitare i danni. Forse la passione è nata così”.
Ma da piccolo lei buttava la carta delle caramelle per terra?
“Mio padre era un ufficiale dell’Aeronautica, molto appassionato anche lui alle cose italiane. Non ho mai tirato una carta per terra: mi avrebbe preso a schiaffoni….”.
I ragazzi d’oggi sono più attenti ai problemi dell’ambiente dei loro padri o è solamente una nostra, consolatoria illusione?
“No, no, i ragazzi sono attentissimi, ma sono anche disillusi. Perché ormai sanno ogni dettaglio dell’effetto serra o del protocollo di Kioto. Se li coinvolgiamo, possiamo ottenere splendidi risultati. Ma gli adulti tendono a non occuparsene”.
Quali sono i criteri per far parte della sua squadra?
“L’adesione senza riserve ai principi del buon funzionario dello Stato. Lavoro duro, sofferenza da lacrime e sangue, e voglia di dare il massimo per l’Italia”.
Ma a chi sporca, anche e soltanto gettando una sigaretta per terra, bisogna dirgli o no che è un maleducato?
“Mi viene da sorridere, perché penso all’esempio che il presidente Berlusconi ama citare spesso. L’esempio di Singapore, dove chi getta qualcosa per terra rischia venti frustate. Venti frustate mi sembrano eccessive. Però se le mie figlie avessero mai buttato una lattina nel salotto, quattro sculaccioni se li sarebbero guadagnati…”.
Gli italiani che scrivono alla Protezione civile, che cosa scrivono?
“Segnalano episodi locali. Dicono che il fiume vicino a casa esce dagli argini. Raccontano che la notte c’è chi scarica i rifiuti dove non dovrebbe”.
E lei che cosa risponde?
“Che ce ne stiamo occupando. Ed è la verità”.
Pubblicato il 24 agosto 2008 sulla Gazzetta di Parma