Mancava solo un’altra guerra, quella del gas, ed è sempre e ancora lui a scatenarla: Vladimir Putin. Giunti alla 37esima alba di sangue in Ucraina, il presidente russo firma un decreto per imporre ai “Paesi ostili”, come considera le nazioni occidentali che hanno preso le parti degli aggrediti, il pagamento in rubli e non più in euro e in quota minore in dollari del gas da lui distribuito. Altrimenti? Altrimenti i contratti di fornitura saranno bloccati all’istante.
Come Mario Draghi ha spiegato, si tratterebbe di una violazione, l’ennesima da parte di chi ha già dimostrato di non rispettare il diritto, dei contratti fra europei e russi. Tant’è che Francia, Germania e Gran Bretagna rispondono che non subiranno il diktat. “Non ci faremo ricattare da Mosca”, ammonisce il commissario Ue, Paolo Gentiloni.
Per ora il ricatto appare formulato in modo ambiguo e perciò “interpretabile”, nel senso che gli Stati dell’Ue forse potrebbero continuare a pagare in euro e sarebbe, semmai, la banca destinataria e russa a cambiare valuta, vendendo gli euro sul mercato interno e versando l’importo in rubli all’azienda Gazprom. Un marchingegno tutto ancora da decifrare, che consentirebbe a entrambe le parti di salvare il principio: l’Ue paga in euro, ma la Russia incassa in rubli.
Tuttavia, desolante machiavellismo a parte, e sempre che sia realizzabile, è il messaggio politico ciò che inquieta: Putin persegue imperterrito la sua strategia frontale al di là di qualunque e pur flebile segnale di negoziato con gli ucraini. Ora fa il duro pure con gli europei. Cosa che pone almeno due interrogativi.
Quanto è affidabile, nel pur doveroso e incessante tentativo di arrivare a spiragli di tregua, un simile interlocutore? E poi: quale altro ultimatum l’Ue intende ancora subire, prima di dar vita alla svolta necessaria, cioè di fare finalmente a meno del gas russo puntando sulla propria autonomia energetica? Una scelta che riguarda non solo i prossimi mesi invernali, bensì i prossimi anni: è in ballo il presente nostro, ma soprattutto il futuro dei nostri figli.
Né ha molto significato continuare a chiederci se e fino a che punto Putin “stia bluffando” oppure no. Sia perché i carri armati in Ucraina sono il frutto concreto delle sue rivendicate teorie, sia perché la dipendenza europea -e in particolare tedesco-italiana- dal gas russo è un’intollerabile spada di Damocle e di Putin.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi