Il risveglio dell’Europa significa anche il ritorno alle origini della tanto bistrattata, eppur basilare, agricoltura italiana. Già la nostra previdente Costituzione prescrive (articolo 44) la necessità di conseguire “il razionale sfruttamento del suolo” e di stabilire “equi rapporti sociali”, considerando l’agricoltura per quel che è: un primario interesse nazionale.
Tuttavia, uno dei tanti effetti collaterali della scellerata guerra di Putin è proprio l’aver messo alle strette l’intero e strategico settore a colpi di stangate energetiche e di un costo delle materie prime alle stelle. Quanto basta per richiedere la “riforma della riforma” della politica agricola in comune -meglio nota come Pac- che doveva entrare in vigore nel 2023. Invece, i drammatici eventi ne impongono la pronta revisione sollecitata da tutte le associazioni di categoria e soprattutto dal comune buonsenso. Se ai campi è preclusa o limitata la possibilità di produrre, se l’agro-alimentare non coltiva anche una sua rigorosa e vigorosa autonomia dalle dipendenze estere, oltre che da norme anacronistiche, il danno ricadrà sull’intera società che consuma, e non soltanto sugli imprenditori e lavoratori di un comparto troppo a lungo e colpevolmente penalizzato.
Che la questione sia urgente, l’hanno ormai capito tutti, sia a Roma (il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli), sia a Bruxelles nella persona di Janusz Wojciechowski, il commissario preposto. Entrambi concordano sul dovere di misure straordinarie per sostenere il settore colpito, che chiede, semplicemente, di poter lavorare al meglio, ossia produrre in deroga a quanto prevedeva la Pec ante-guerra. Lavorare e avere la possibilità di farlo all’insegna della vera intraprendenza, cioè potendo rinegoziare debiti e mutui, rivedere oneri previdenziali, beneficiare di contributi ad hoc, insomma muoversi secondo una logica imprenditoriale oggi messa gravemente a rischio dal sanguinoso conflitto in Ucraina.
Già lunedì prossimo al vertice del Consiglio Agricoltura Ue si potrà capire se i buoni propositi annunciati in queste ore dalle istituzioni sono destinati a diventare atti e fatti concreti. I venti di guerra non risparmiano alcun settore, e l’Europa ha il compito di rispondere con efficacia e rapidità a tutte le nuove sfide: i cereali e i terreni sono una di queste. Pane al pane fra guerra e pace.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi