Da tempo la comunità ucraina in Italia (circa 240 mila persone, l’80 per cento donne) è la più grande d’Europa. E’ la prova non già di una migrazione poco o mal distribuita in tutta l’Unione, bensì di un’integrazione riuscita con gli italiani e le loro famiglie. Oltre che di un buon rapporto instaurato negli anni con la nazione d’approdo, spesso considerata e amata come una seconda patria.
La posizione politica dell’Italia, che s’è schierata subito e senza tentennamenti a fianco degli aggrediti nella sciagurata guerra di Putin, non ha fatto che migliorare il solidale sentimento che accomuna i due popoli. Gli ucraini, a cominciare dal loro esemplare presidente, Zelensky, non fanno che ringraziarci per il concreto sostegno ricevuto.
Ma il buon radicamento degli ucraini nella Penisola prescinde dal conflitto ed è frutto anche dell’aiuto che i residenti porgono ai loro connazionali e familiari in arrivo. Un prezioso modello da salvaguardare anche nell’ora della drammatica scelta: la massa di profughi che scappa verso l’agognata Europa. E molti dei quali (oltre 700 mila, si stima) destinati a venire in Italia.
Stavolta l’Unione europea sta facendo quel che finora ha negato a chi fugge dal Sud del mondo attraverso il Mediterraneo: pianificare e distribuire i rifugiati fra tutte le 27 nazioni. Un modo per poter assorbire l’esodo senza lasciarlo sulle spalle della sola e vicina Polonia.
Ma lo stesso ragionevole e compassionevole approccio deve valere per l’Italia, a sua volta chiamata ad assistere e distribuire fra Regioni, Province e Comuni gli ucraini in fuga dalla guerra.
Solo così si potranno evitare le disparità evidenti nell’ambito dello stesso territorio o di città non distanti fra loro. Basti dire che a Brescia gli ucraini sono 4 mila, mentre a Vicenza sono 1.500 e a Verona poco più di 700. Sono numeri che parlano da sé. Ma organizzare al meglio il già previsto e forte flusso in arrivo, è il solo modo per assicurare a tutti, a chi viene accolto e a chi accoglie, una vita il più possibile serena per tutto il tempo necessario. “Serve un tavolo di governo con Protezione Civile e Regioni per un protocollo unico”, dice il presidente dei Comuni, Antonio Decaro.
Procedure chiare ed efficienti per coinvolgere tutto il territorio nazionale. Per consentire agli ucraini di “sentirsi a casa” e agli italiani di essere solidali verso chi soffre e merita tutto il calore del mondo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi