Mario Draghi non fa in tempo a insediarsi, che già gli rifilano la prima grana: richiudere di nuovo l’Italia per fronteggiare la pandemia in temibile ripresa? O rafforzare la scelta delle Regioni a colori a seconda della gravità della diffusione della più pericolosa variante inglese?
Polemiche e divisioni nella stessa maggioranza fra chi evoca la linea dura, come il confermato ministro della Salute, Roberto Speranza, che ha rinviato al 5 marzo la riapertura degli impianti di sci seguendo le richieste del Comitato tecnico scientifico e chi, come Matteo Salvini, invoca, invece, l’intervento di Draghi e il ricambio degli esperti che hanno finora suggerito le misure da adottare. Nemmeno l’assicurazione di Speranza che compenserà con “adeguati ristori” gli operatori del settore, attenua le accuse del centrodestra, del ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, e di diversi governatori per il mancato rispetto per quanti, attenendosi alle disposizioni, avevano investito nella loro attività e si preparavano alla ripartenza vanificata solo poche ore prima. Chiedono indennizzi e incentivi.
Dunque, mancano ancora la presentazione del programma alle Camere e il relativo voto di fiducia (previsto fra mercoledì e giovedì).
Eppure, il presidente del Consiglio ha già ricevuto due benvenuti molti diversi fra loro. Quelli del mondo -da Merkel e Macron, da Biden a Putin, a Johnson- di calorosa accoglienza. E quelli del cortile di casa, cioè da parte di una maggioranza composita che già tira Draghi per la giacchetta, ciascuno sperando di portarlo verso la propria sponda. Garavaglia versus Speranza, un ministro contro l’altro. Ma la prioritaria campagna di vaccinazione non può avere etichette di parte. Né l’ipotesi di nuovo confinamento di cui si parla, può meritare bandierine di partito a seconda di come eventualmente realizzarlo. Difficile, tuttavia, che l’ex presidente della Bce, che per 9 anni ha affrontato a Francoforte ben altre sfide con i pesi massimi delle nazioni europee, si spaventi per le “fibrillazioni” del Palazzo. Anche se l’ora delle scelte per lui s’avvicina: non potrà certo accontentare tutti.
Del resto, pure alla Bce le sue deliberazioni hanno sempre registrato il voto contrario del rappresentante tedesco della Bundesbank. A conferma dell’abilità di Draghi nel procedere, mai, però, al costo di rinunciare alle sue convinzioni e decisioni. Ma quali saranno ora a Roma? Lo capiremo dal suo prossimo e primo discorso in Parlamento.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi