Dopo le parole che ha pronunciato a Napoli, per il Papa si può usare una definizione forte senza il rischio d’essere fraintesi: Francesco può essere considerato l’ultimo e forse l’unico vero rivoluzionario. Vero, perché dice il vero con frasi semplici, chiare e affilate. “La corruzione spuzza”, ha esclamato con espressione addirittura gergale. Nessuna legge anti-corruzione, nemmeno quella che giace in Parlamento da due anni, potrebbe essere più efficace di questa condanna morale.
Ma il Papa si mostra anche un buon rivoluzionario o un rivoluzionario buono, se si preferisce, perché invoca e incarna il cambiamento con tale rigore e vigore che finisce per colpire le coscienze di tutti. Con la sua visita tra Scampia e Pompei, col suo pellegrinaggio tra malati e detenuti e tra credenti e non credenti, Francesco sta compiendo una rivoluzione morale che partiti e politici d’ogni colore faticano persino a immaginare. La differenza tra lui e loro è facile anche da spiegare. Quando il Papa afferma “reagite con fermezza alla camorra” la gente capisce subito che il pontefice crede in quello che dice. Non è campagna elettorale, né ammonimento per farsi bello davanti alle piazze. Proprio col suo comportamento, in tutti i sensi francescano, il Papa dà dimostrazione di coerenza fra il dire e il fare. I cittadini comprendono perfettamente che al vescovo di Roma fanno davvero ribrezzo sia la corruzione che la camorra. E perciò il suo messaggio è credibile, affidabile, encomiabile come se fosse il suggerimento di un rispettato e amato nonno che magari potrà anche apparire fuori dal tempo e un po’ naïf con le sue improvvisazioni e le sue battute, ma che merita di essere ascoltato per le sue tenere perle di saggezza.
Dopo due anni di pontificato la visita a Napoli conferma la diffusa sensazione che di quest’uomo “venuto quasi dalla fine del mondo” ci si può fidare. Anche quando all’ombra del Vesuvio dice pane al pane facendo delle considerazioni in fondo elementari, ma proprio per questo così apprezzate dagli italiani alla continua ricerca del semplice buonsenso. Quando Francesco attacca il malcostume e denuncia lo sfruttamento del lavoro non mente e indica una via di speranza anche alle periferie e ai dimenticati da tutti. La sua è una lezione soprattutto per chi fa politica e che, a differenza del Papa, avrebbe pur il compito istituzionale di risolvere il dramma della disoccupazione e di sradicare ogni mafia dal Mezzogiorno d’Italia. E’ la lezione dell’esempio che vale più di cento comizi. Meditate, politici, meditate.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi