Non li ferma niente e nessuno, neanche la giornata internazionale contro la violenza alle donne, che ricorre il prossimo 25 novembre. Nel giro di poche ore e in luoghi diversi, uomini di differente età e nazionalità uccidono con la stessa ferocia le rispettive, ma sempre meno rispettate mogli.
In Emilia-Romagna un pensionato modenese di 71 anni accoltella la donna che aveva sposato e poi cerca di uccidersi. Stessa regione, ma a Sassuolo, dove un quarantenne di origine tunisina riesce a trasformare il femminicidio in familicidio, assassinando -anche lui con un coltello- la compagna, la suocera, i due figli di 5 e 2 anni (una terza, di 11 anni, s’è salvata perché era a scuola) e poi togliendosi la vita.
Se nel primo delitto si parla di problemi di salute per l’omicida, nel secondo sembra che lo stragista non accettasse la fine della relazione. Ma l’unica e drammatica certezza in mezzo a tanti e purtroppo ormai tardivi interrogativi, è la morte degli innocenti per mano di chi li conosceva. Lo dice anche la statistica: quasi in otto casi su dieci le donne assassinate sapevano chi è l’assassino, trattandosi di un partner, un ex o un familiare. E che il fenomeno sia tutt’altro che in declino, lo conferma l’altro dato diventato quasi storico, cioè cronico: un femminicidio in media ogni tre giorni.
In questo contesto di violenza che non si placa, sia benvenuta ogni iniziativa che infonda consapevolezza sul rischio incombente. Perché la questione è chiara e semplice: il solo modo per combattere il femminicidio è prevenirlo. Sia prima che l’omicida afferri il pugnale o impugni la pistola, sia diffondendo nella società, e soprattutto fra ragazzi e ragazze -quindi nelle scuole e in famiglia- l’educazione al rispetto e alla parità di genere. Concetti elementari, e si prova quasi imbarazzo nel doverli ripetere, tanta e tale è la banalità del bene. Eppure, ripeterli bisogna, come faranno a San Bonifacio, nel Veronese, quegli “uomini in scarpe rosse” pronti a marciare con il colore e il simbolo della solidarietà alle donne. Le sole vittime, le vittime sole.
Accanto alle mobilitazioni di uomini e donne insieme, c’è il dovere politico di aggiornare norme insufficienti per dare l’allarme in tempo e per punire con severità il crimine. Prevenire e reprimere con la forza della legge e con la coscienza della gente sulla gravità del delitto.
C’è ancora molto da fare. Ma bisogna farlo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi