Bastano i numeri per dare indignazione alle parole. A oggi 83 donne sono state ammazzate, sette soltanto negli ultimi dieci giorni. In media annuale un omicidio ogni tre giorni. Femminicidio, siamo ancora qui a piangere le vittime e a chiederci come affrontare quest’emergenza sociale che non è più un’emergenza. Perché colpiva prima e colpisce durante la pandemia, al Nord -si veda l’ultimo delitto della giovane e mamma Alessandra Zorzin nel Vicentino- o al Sud, e quasi sempre da un uomo che la donna assassinata conosceva.
La violenza non si ferma con la retorica, ma con il rigore della legge. Con le denunce esaminate in maniera rapida e competente. Con la nuova sensibilità e l’antica solidarietà fra persone e comunità capaci di raccogliere subito il grido di dolore, ma spesso l’ancor più straziante urlo del silenzio delle donne in pericolo.
Tutto ciò senza nulla togliere al dovere familiare, scolastico e istituzionale di trasmettere a tutti valori di riferimento, a cominciare dal rispetto. Ma, nell’attesa della società che cambia, le autorità, ciascuna per la sua parte, devono intervenire per rispondere all’allarme, nonostante il codice rosso in vigore da due anni. E’ l’insieme di misure preventive e cautelari, con l’introduzione di nuovi reati, per contrastare maltrattamenti, atti persecutori e violenza. Misure utili e necessarie, ma insufficienti. Per proteggere le vittime e punire i colpevoli il Parlamento deve fare ancora. Perché l’unico modo per sconfiggere il femminicidio è prevenirlo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi