Dell’accordo raggiunto, o forse ancora no, fra Cinque Stelle e Lega, la questione più aperta è proprio quella che più sembrava chiusa: il nuovo rapporto fra l’Italia e l’Unione europea. Pur divisi su molti temi, quando invece si parla di Europa fra grillini e leghisti prevalgono le assonanze. Con sfumature differenti che possono andare dall’euroscetticismo alla vera e propria battaglia promessa “contro gli eurocrati di Bruxelles”, entrambi i movimenti esprimono, tuttavia, un malessere diffuso e reale fra i cittadini delusi dall’europeismo pronto, cieco e assoluto dei partiti tradizionali.
Eppure, già lo stesso “contratto per il governo del cambiamento” in ebollizione fra Di Maio e Salvini, testimonia che sull’Europa c’è poco da scherzare. Nel giro di poche ore l’ipotesi di fermare i lavori in corso per la Tav Torino-Lione è apparsa e scomparsa dalle bozze come d’incanto. Un ripensamento a cui non può non aver contribuito anche il monito subito giunto dalla Francia: se si blocca il cantiere perché Roma si ritira, allora l’Italia dovrà rimborsare a Parigi e a Bruxelles le somme che sono state spese per realizzare quell’opera colossale.
E’ un avvertimento a suo modo esemplare. Perché insegna che, chi arriva al governo, non può immaginare di fare tabula rasa di tutto quel che eredita dai predecessori. Specie se alla trasmissione dell’eredità si sono a lungo dedicate molte e diverse istituzioni, siglando accordi bilaterali e internazionali che impegnano la parola dell’Italia. Sull’Europa, dunque, della quale siamo parte integrante per geografia e storia, per politica ed economia (di più: siamo co-fondatori della sua istituzione), può esserci un “nuovo inizio”. Si può pretendere un’azione puntuale e perseverante, senza più la resa che troppo spesso i nostri governi hanno dimostrato. Per esempio non difendendo l’agricoltura italiana, non ottenendo solidarietà sull’immigrazione, non protestando quando erano gli altri a non rispettare i noti parametri.
Ma è inimmaginabile il taglio dell’ombelico con la scure fra Roma e Bruxelles. “Vedo forze paradossali che potrebbero allearsi per un progetto”, dice il francese Macron che ama, come altri, dare lezioncine agli italiani. Ma per ignorarle e ignorarlo, nell’attesa del nome che da Palazzo Chigi dovrà dar corso al contratto, Di Maio e Salvini farebbero bene, intanto, a non dimenticare che l’Europa siamo noi.
Pubblicato su Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi