Tre mesi alla guida del Pd sono pochi per giudicare l’azione di Elly Schlein, ma sufficienti per provocare forti mal di pancia nel partito. Specie se la segretaria nazionale è reduce da una controversa partecipazione alla manifestazione del M5S a Roma, sabato scorso, con tanto di bacio e abbraccio al leader Giuseppe Conte e impegnativa dichiarazione: “Sono qui per dare un segnale e unire gli sforzi contro la precarietà”.
Sullo sfondo rimbombavano le parole di Beppe Grillo in piazza sulle “brigate di cittadinanza” e sul “mettetevi il passamontagna” (parole esplosive poi ridimensionate dallo stesso comico: erano solo battute) e la discutibile posizione dei pentastellati sulla guerra in Ucraina. Insomma, quanto basta per mettere sul piede di guerra i riformisti del Pd, che non possono digerire il movimentismo di Elly e neppure l’“andare a rimorchio” delle iniziative altrui, come ha detto Stefano Bonaccini nella direzione del partito. Dove sono riemerse le due anime mai, in realtà, integrate fra loro.
Al contrario, proprio la volontà della Schlein di tenere il timone tutto a sinistra privilegiando interlocutori di quell’area come potenziali alleati, trova il dissenso di chi s’è sempre battuto per un Pd “a vocazione maggioritaria”, e perciò molto attento a quel che si muove anche al centro della società italiana. Ma pure di chi critica la guida solitaria e non rappresentativa del pluralismo nel partito da parte della leader.
Dunque, se viene meno l’unità nella diversità, incombe il rischio di una separazione per chi non si riconosce in questa nuova e inedita linea seguita dal principale partito d’opposizione. E che ha già causato il recente e polemico addio di Alessio D’Amato, ex candidato del centrosinistra alle regionali del Lazio, dall’assemblea nazionale.
Ai suoi contestatori Elly Schlein risponde che sull’Ucraina “c’è una distanza siderale” con il M5S e parla di sostegno a Kiev “anche con aiuti militari”. Ma chiarisce che su salario minimo e lavoro la vicinanza c’è, e che “soli non si vince”. Poi chiede lealtà, avvertendo che il tentativo di logoramento “non funzionerà, mettetevi comodi, siamo qui per restare”.
Annuncia, infine, un’“estate militante” contro il governo-Meloni e l’autonomia differenziata, su scuola, sanità e Piano di ripresa.
Nessuna marcia indietro delle parti e un richiamo all’unità che ognuno interpreta a modo suo. Nel Pd estate già bollente e non solo “militante”.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi