Forse è giusto così, che il luogo in cui tutto è a suo tempo -molto tempo fa- cominciato, decida che ne sarà dell’Europa in cammino. Certo, la Grecia che oggi va alle urne non lo fa in nome di Omero, di Platone o di Pitagora, il pensiero che è diventato culla di formazione e di diritto per l’intero Occidente, quasi tremila anni dopo. Oggi gli elettori di Atene e di tutta la nazione vanno a votare per ragioni non filosofiche, né letterarie ma concrete: come far quadrare i conti che non tornano, senza sacrificare il presente dei padri e il futuro dei figli. La modernità è la grande scommessa di quel mondo che viene dall’antico. Chiunque avrà la meglio, e a maggior ragione se il successo arriderà al movimento Tsipras che contesta da sinistra, e radicalmente, la politica finora seguita e perseguita dal “governo europeo”, darà una risposta al metaforico referendum, che è la vera posta in palio per tutti, greci ed europei: flessibilità oppure rigore. Investimenti oppure austerità. L’opzione è fra il riaffermare una scelta di alta politica e il cambiarla. Cambiarla non nella direzione di marcia, perché i governi nazionali non possono che volere la felicità dei loro cittadini, ma nel modo e nei tempi per arrivare, insieme, alla mèta. Questo auspica soprattutto l’Europa italiana, francese e spagnola. L’esito delle elezioni in Grecia sarà, allora, il campanello d’allarme più forte che sia finora suonato per le orecchie tappate di Bruxelles e della Germania. Dove s’è propensi a credere che le regole vadano semplicemente rispettate, oggi come domani. Regole da adattare alla situazione, replicano gli altri, e in particolare la Grecia che sta pagando la severità tedesca dei compiti da fare a casa senza più barare, ma soprattutto l’incapacità e le bugie, per anni, dei propri governanti, che sono i principali responsabili del disastro economico in patria. Ma la partita non è più Atene contro Berlino, e se lo fosse non ci sarebbe partita. La mossa intelligente e coraggiosa della Banca centrale europea, guidata da Mario Draghi, il miglior italiano che possiamo offrire all’alta politica internazionale, va nel senso dell’apertura. Al di là dei complicati meccanismi messi in opera con il cosiddetto alleggerimento quantitativo appena approvato, la Bce ha dimostrato di non essere rimasta insensibile al grido di dolore che dalla Grecia s’è propagato in tante parti dell’Unione. Si può trovare una via che non renda vano il dovere del rigore, senza calpestare il diritto ad avere, tutti, una speranza di vivere meglio, e talvolta solo di vivere. Il voto greco quasi come la forza del destino.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi