Per dare seguito al “largo ai giovani”, secondo la richiesta che, dal Quirinale a Palazzo Chigi, ora vede tutte le istituzioni impegnate, almeno tre cose si possono fare (o prevedere) subito. Più asili-nido per consentire alle ragazze di conciliare il lavoro con la scelta di maternità. Maggiore e più agevole credito in banca per le coppie che mettono su casa e famiglia. Opportunità vere per i tanti cervelli costretti a fuggire all’estero per non essere mortificati in patria con paghe imbarazzanti di attività precarie.
Ricostruire il futuro dei nostri figli e nipoti, significa fare il contrario delle scelte a lungo compiute dalla politica per accontentare clientele elettorali e privilegi di casta, anziché investire sulle nuove generazioni del ricambio, dei grandi sogni, dell’energica scossa alla società malata di solitudine: solo 1,2 figli per coppia, tra le più basse medie al mondo.
E’ lo specchio di giovani che poco credono al loro avvenire, tanto è arduo inserirsi e poi progredire nel campo del lavoro. E’ la foto di una speranza di rinascita che appare sbiadita. La denatalità, emergenza demografica e democratica: determina il destino stesso dell’Italia.
I fondi europei per la ripresa e la fine dell’incubo Covid, cioè la grande liberazione alle porte, siano l’occasione giusta al momento giusto per tagliare col miope passato. Ogni risorsa, ogni piano d’innovazione e competitività prevedano la clausola del “prima i giovani”.
E’ la sfida più importante di padri e nonni per aiutare i ragazzi a riavere fiducia: meglio cambiare il Paese, che cambiare Paese.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi